In passato l’amore mandava all’aria norme e vincoli comunitari. Ma una volta abolite le norme e le barriere di ceto e famigliari, esso precipita sempre più nel vuoto: non è più il principio fondamentale della libertà e dell’individualità, che come tale si oppone alle costrizioni sociali. L’amore non incontra più rsistenze, ne è più potenzialmente amorale. Per questo tende a ripiegare su se stesso, a consumarsi e a divenire “atuoreferenziale”. Oggi le vicende di coppi somigliano ai mulini di preghiera tibetani, che ruotano singolarmente e in modo in un certo senso standardizzato: nella pedagogizzazione dell’amore, nell’onanismo pornografico o, più in generale nel fatto che, nell’innamoramento, si investa emotivamente sulla situazione in sé e non sul partner. Così come avviene nella scienza, anche in questo ambito non è più la verità a lottare contro il suo opposto, ma è una verità a urtarsi contro l’altro. Cosicché, come utupia individuale della felicità ( o come utopia dell’individualità felice), il matrimonio d’amore non può più trarre energia dalla resistenza contro divieti e costrizioni sociali: può solo alimentarsi nella concorrenza e nel contrasto con altri ideali di vita. Da tutto ciò derivano confusione, equivoci e qualche episodico accordo. E comunque, una volta divenuto autoreferenziale, l’amore perde il proprio status di garante della sicurezza individuale (e non sociale). L’Amore non esiste più: esiste soltanto al plurale, come “amori”, ossia come utopie variabili, fortemente mediate e difficilmente assimilabili, che hanno alla base idee d’amore del tutto personali e relative a temi come la sessualità, la vita in comune e così via. Proprio perché diviene un bene scarso e assai desiderato, l’amore è profondamente coinvolto nella generalizzazione della propria vita. I problemi d’amore si tramutano in questioni cruciali dal punto di vista esistenziale per chiunque, non più solo per gli inesperti o per gli eroi sentimentali, come accadeva nell’Ottocento. Con la morte dell’amore, col suo smembrarsi in amore dei genitori, passione, flirt, erotismo, partnership e unione famigliare, prende avvio la ricerca di massa del “grande amore” che tutto racchiude: e di fronte all’Io lacerato si trova la solida monade del Tu!
Le generazioni precedenti alla nostra credevano e speravano che fra moglie e marito dovessero prima realizzarsi condizioni di libertà e di uguaglianza, e che solo a quel punto l’amore si sarebbe palesato con tutto il proprio carico di bellezza, malinconia e piacere. Noi, che per primi abbiamo raggiunto un picco di libertà e uguaglianza, dobbiamo invece vedercela col quesito opposto, ossia : in che modo due persone che siano o vogliano divenire libere e uguali, possono trovare e aver garantita nell’amore la loro vita in comune ? Dalle macerie di forme di vita passate, la libertà oggi assume il significato di nuovo punto di partenza, nuova progettazione, ascolto di una melodia che è “propria” e che conduce fuori dal percorso già tracciato. Sia chiaro, a scanso di equivoci, che questo nuovo “ordine individuale” del matromonio d’amore non è un mero prodotto degli individui e dei loro desideri. Piuttosto esso si collega a fattori istituzionali e, in primo luogo, col sistema giuridico. Inoltre esso risponde alle esigenze del sistema educativo, del mercato del lavoro, del sistema pensionistico: dunque di istituzioni dalle quali oggi entrambi i partner (non più solo il marito, come in altri tempi) dipendono singolarmente, rispetto ai guadagni da lavoro percepiti nella vita e alle garanzie di sussistenza. Così, anche a proposito del rapporto di coppia ( che in apparenza è una sfera d’intimità e di privacy totale), la propria vita non implica affatto che ci si dimentichi di una “società istituzionalizzata, quantomai densa ed efficiente”, che esiste “dietro le superfici dei mondi vitali”. Si dà invece l’eventualità contraria. L’individuo moderno si sente rivolgere, a più livelli, un’intimazione del tipo: tu hai facoltà, tu puoi e anzi devi obbligatoriamente condurre una tua propria vita, oltre gli antichi legami di famiglia, stirpe, religione, tradizione e ceto; e inoltre devi farlo all’interno delle nuove regole e garanzie, predisposte dallo Stato, dal mercato del lavoro, dalla burocrazia ecc. In questo senso, neanche il matrimonio d’amore può ritenersi semplicemente un’unione di due vite individuali, ma piuttosto un’unione di due vite individuali dipendenti dalle istituzioni.
Ora però nessuno può più inteferire dall’alto in ciò che accade nel “matrimonio” (etichetta standard, questa, di fronte a cui ormai ciascuno rimane indifferente), né stabilire che cosa vi sia permesso, possibile, richiesto, che cosa sia ancora tabù e che cosa sia invece irrinunciabile. L’ordine del mondo, che si instaura col matrimonio, equivale ormai a un ordine delle proprie vite, da interrogare e ricostruire a seconda del punto di vista degli individui. Dinanzi a questa rivoluzione strisciante del sociale, anche per la sociologia si impone una revisione di metodi e concetti. Essa deve seguire, weberianamente, la luce delle idee guida valutative e ripensare i propri strumenti fin nei suoi fondamenti ultimi. La cosa è più facile a dirsi che a farsi: invecchiando, la società industriale si è depauperata in struttura della divisione sociologica del lavoro. E il ristabilirsi della famiglia, almeno in termini statistici, è un bene assai desiderato. Con la destandarizzazione della vita sociale, alcune indagini “ristandardizzanti” divengono sospette di ideologia, benchè in pari tempo cresca la loro importanza per gli attori sociali e politici. Talune indagini, per esempio “dimostrano” come le forme di vita non matrimoniali (in rapida diffusione) siano di fatto prematrimoniali (poichè così si configurano), mentre quelle prematrimoniali tendano a recuperare la prematrimonialità quale proprio carattere apparente. Il matrimonio quindi sembra trascendere tutte le turbolenze che affliggono la vita di coppia e rappresentare comunque una cornice ideale. Ora, queste sono vere e proprie “rassicurazioni” e, come tali, hanno un proprio mercato. In base a esse la rivolta per la propria vita non è che una tempetsa in un bicchier d’acqua: quello del sopravvivere del matrimonio. Trova conferma in ciò l’antica massima secondo la quale i rumori che sentiamo nella foresta sono l’eco delle nostre grida. Anche chi “sposa” forma di vita alternative non deve poi sorprendersi di vedere intorno a sé un gran numero di matrimoni. Ma se si limita a questo, la sua osservazione non è che un vistoso esempio di cieca empiria. Persino un metodo eccellente, se unito all’incapacità di ridiscutere i propri quadri categoriali, dà luogo a tautologie o, in altri casi, alimenta la riserva tradizionalista di una società che, fondata sulla famiglia strandard, continua a esistere solo come idealizzazione e solo in questo dà prova della sua vitalità.
ULRICH BECK – Prof. Socialogia Un. Monaco e London School of Economics (Costruire la propria vita)
…Complimenti !
Amore, non è più il principio fondamentale della libertà e dell’individualità ! ?
il fulcro… la Liberta’ e’ responsabilita’, come l’individualita’ !
…e troviamo… l’Amor-proprio !!!
…Complimenti !
Amore, non è più il principio fondamentale della libertà e dell’individualità ! ?
il fulcro… la Liberta’ e’ responsabilita’, come l’individualita’ !
…e troviamo… l’Amor-proprio !!!