Mentre il Tribunale della Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso il mandato di arresto per Netanyahu e il leader di Hamas, i conflitti divampano, potere, odio e intolleranza verso l’esercizio della fede religiosa che non sia la propria, mietono vittime innocenti usate come mezzo per raggiungere fini troppe volte incomprensibili e ingiustificati ma soprattutto non voluti da milioni e milioni di persone.
Chi ordina la morte non è mai in trincea, basterebbero rivolte, una volta i Re aprivano le file in battaglia per onore, dignità e servizio al Popolo, oggi siamo governati da codardi spregiudicati con patologie infantili e restiamo impotenti a lasciarli giocare decidendo ogni volta chi siano i buoni e quali i cattivi.
Anche la religione non è esente da colpe, oggi come ieri. Siamo dispiaciuti nel leggere che in quindici anni quasi 52 mila cristiani hanno subìto la mattanza in Africa, soprattutto in Nigeria e che moltissimi fedeli in altre parti del mondo subiscano discriminazione e odio rischiando la morte se scoperti.
Ma se dobbiamo usare equità nel comporre un’analisi allora emuliamo il Tribunale della Corte Penale dell’Aja che con rilevante coraggio ha condannato il Primo Ministro Israeliano quanto il capo di Hamas.
Se oggi l’Occidente percepisce il timore di una colonizzazione islamica ed è impossibilitato a comprendere cosa accadrà quando numericamente gestiranno in parte il potere legislativo in città e Stati, non manca però di rimarcare quel principio di democrazia e tolleranza, lasciando professare il loro credo in luoghi di culto autorizzati senza discriminazione.
Ma questo non accadeva due o più secoli fa nel remoto della storia. I cristiani, la Chiesa, quanto gli Islamici hanno compiuto sanguinari genocidi solo per la finalità di convertire, espandere il loro potere ed affermare la verità religiosa nel nome dell’unico Dio.
Se i cristiani sono perseguitati o subiscono restrizioni in Nigeria, Cina, India, Nicaragua e Pakistan, i mussulmani non hanno vita facile in Cina, India, Myanmar, Pakistan, Siria e Iraq o Bangladesh.
Per immensa fortuna non vivo sulla pelle queste situazioni ma rifletto una volta di più se questo Dio dai diversi nomi esista davvero nell’alto dei cieli, e se così fosse, gli direi che in quanto imprenditore il suo progetto è fallito.