Lecco. Nei classici giorni in cui si vive un lutto famigliare si fa spola tra casa, ospedale, camera mortuaria, chiesa e cimitero. Quello che scrivo sembrerà paradossale ma per me che sono già facilmente irritabile all’applicazione generalizzata del politcally correct, la sintesi di quanto accaduto mi lascia senza parole.
La camera mortuaria dell’ospedale dove stava il defunto, piccola, sei stanzette e un semplice corridoio, fuori una sala a disposizione di parenti e visitatori. All’ingresso un piccolo ufficio con una vetrata per permettere all’impiegata di controllare.
Chi mi racconta il fatto porta il contesto ad un pomeriggio nel quale arriva un gruppo di persone e una suora. Entrano nella piccola stanza del defunto ed iniziano a recitare il rosario ma, essendo troppi non possono starci e qualcuno li invita a mettersi in corridoio.
Senza riserve il gruppo esce e riprende a recitare le preghiere. Di certo sono diverse persone e il tono di voce prendendo corpo, pare dia fastidio, così qualcuno esce dalle stanzette e chiede di andare altrove. Nuovamente senza proferir parola il gruppo esce accomodandosi fuori, sulle sedie della sala all’ingresso.
Il tempo di riprendere dal punto in cui sono stati interrotti e tra un’Ave Maria e un Padre Nostro ecco materializzarsi l’impiegata dell’ufficio con la tipica caratteristica del dipendente statale sovraccarico di arroganza. Infastidita dal coro di preghiere, questa forse la prima causa scatenante, chiede di smettere, lì non è possibile recitare il rosario, si accomodino pure dentro le stanzette o vadano in corridoio.
A quel punto la suora, finora mite, assume le sembianze del super eroe e seccata riferisce che il gruppo è stato respinto sia dalle stanzette che dal corridoio dove lei li vuole mandare. Colta in contropiede l’impiegata sgancia l’artiglieria pesante eaffermando che lì il rosario non può essere recitato per rispetto dei fedeli di altre religioni che se venissero in visita ai loro defunti si sentirebbero in imbarazzo e disturbati.
Fortunatamente, in un tempo in cui i cattolici sembrano impauriti ed intimoriti a professare con orgoglio la propria fede, la suora, nemica del relativismo sociale, alza la testa e non curante prosegue a pregare ad alta voce per l’anima del defunto.
Una lezione di vita e la profonda amarezza di un politically correct senza senso che varca perfino la soglia di una camera mortuaria.