Solo, cerco di riflettere sulle mie logiche, sulla continua necessità di assumere e verificare informazioni corrette, leggere libri idonei a rendere opinioni oggettive e chiare ma tutto ciò non evita l’angoscia in essere dal 7 ottobre scorso.
Ho chiara, anche se non accettata, la necessità della politica in generale di annacquare, restringere, finanche a imbavagliare l’informazione, spalleggiata anche da media accondiscendenti al potere, ma provo rabbia quando quest’indecente esercizio affonda nei drammi umanitari.
Lo sono le guerre, le rivoluzioni, le fughe di massa da terre martorizzate da violenze o carestie? Se non lo sono, dovete spiegarmi dove trovare situazioni in cui impiegare la coscienza, anziché il solo scopo business politico, perché così la ragione è avvilita, estinta.
Nel primo dei due drammi in corso, i sintomi di questo plagio infodemico che produce effetti potenzialmente pericolosi sul piano delle reazioni e dei comportamenti sociali, li ho percepiti all’inizio del conflitto russo-ucraino, a giusta ragione immagini di morte e distruzione, una moltitudine di profughi in fuga dalla tragedia.
L’evidenza però, con il trascorrere del tempo, accresceva la convinzione della presenza di una cortina di ferro nell’informazione, volta a rassicurarci che la posizione politico militare presa fosse quella giusta, che il male stesse solo da una parte e annientabile a breve termine grazie alle azioni dell’Europa e della Nato.
Giustifichiamo ogni cosa premettendo che difendiamo solo chi difende la democrazia ma i popoli soggiogati non hanno colpe, sono in larga maggioranza vittime del sistema. Parliamo di intelligenza artificiale, di esplorazioni su Marte e di tecnologie militari impressionanti e allora? Per distruggere dieci uccido mille con la consapevolezza che gli altri non hanno colpe?
Chi la democrazia la issa come baluardo di identità nazionale, tendenzialmente cede ad azioni improprie in campo militare, si auto-giustifica, finendo per compiere gli stessi crimini di chi li vede come mezzo di sopravvivenza nel potere o di lotta armata.
Certo che sceglierò la democrazia, sempre, come i valori occidentali che la rappresentano ma ciò non significa che non possa obiettare ad azioni ingiuste.
Nel secondo dramma invece, la posta in gioco sale, perché il potere finanziario israeliano su scala globale non è da poco e il doveroso debito morale procurato dall’olocausto nei confronti del popolo ebraico non può essere messo in discussione da nessuno. Entrare nel merito crea timore perché senza conoscere la storia e i fatti diventa solo uno spreco di tempo.
Detto ciò, non può essere però che ogni azione compiuta dai governi israeliani debba essere avvallata anche quando contravvenga alle leggi del diritto internazionale in tema di diritti umani.
Non possiamo usare due pesi e due misure. Se esiste il diritto alla difesa e la caccia ai terroristi deve essere lecita e a scelta, la più terribile possibile, non può essere che civili innocenti vengano uccisi senza limiti, parliamo di migliaia di bambini.
Ciò che sta accadendo a Gaza per ristabilire l’ordine e sconfiggere il terrorismo, sta accrescendo il rancore in buona parte dell’opinione pubblica mondiale, se vi fosse obiettività documentale esploderebbe in qualcosa di più potente, ad esempio, se venissero trasmesse quotidianamente le immagini dei volti disperati, scioccati o dei corpi mutilati di bambini e anziani palestinesi.
Non possiamo fermarci al giudizio dell’orrore e alla disumanità della violenza perpetrata da Hamas su bambini, giovani, anziani, uomini e donne israeliani senza altrettanto giudicare l’abuso della carneficina quando i morti hanno una nazionalità differente.
Non posso soffocare ulteriormente questo malessere di coscienza, stanco di un’ipocrisia di interesse politico e sociale imperante.