I quotidiani, insistono a creare notizia attorno al Generale Vannacci e al suo libro “il mondo al contrario”. La provocazione, serve a suscitare continuo stupore e dibattito ogni qual volta l’autore venga invitato a presentare il libro in una scuola o, come nel caso di una professoressa a Francavilla Fontana, dedicarne qualche ora alla lettura stimolando confronti tra gli studenti.
Non entro nel merito del testo, mi limito ad osservare lo sterile ping pong giocato sulle ali della libertà di espressione.
Se prendessimo gli stessi articoli cambiando i soggetti, per esempio autori o testi sulle teorie “gender” o a tema “Lgbtq +”, la situazione non cambierebbe di una virgola.
Entrambi gli schieramenti ideologici che proteggono i protagonisti, esibiscono spudoratamente una profonda insicurezza, paura che ceder la parola al nemico, peggio ancora a delle parole, possa confondere, attrarre consenso alla sponda dell’altro.
Ambedue ambiscono ad appropriarsi dell’uso ed applicazione della libertà d’espressione a proprio comodo, riducendo i destinatari dei testi incriminati a semplici imbecilli. Credono ancora che la propaganda, come la intendevano i loro antenati rossi e neri, possa far capitolare la materia grigia di ogni essere umano, soprattutto quand’ancora minorenne.
Da una parte, la scemenza di ipotizzare che dei bambini possano cambiare il loro orientamento sessuale o genere solo dopo aver discusso di tematiche Lgbtq+, intanto le povere creature sono parcheggiate davanti a Playstation, tv e internet a ingozzarsi di terrificante violenza o porno della peggior specie gratuita.
Dall’altra, la paura che la proposizione di una visione conservatrice, contraria alla loro progressista, possa invece produrre ragionamenti decontaminati, analisi, discussioni, inducendo ad una ragione propria, lontana dal main stream del momento.
Chi da anni promuove battaglie a tutela delle libertà individuali di minoranze per cancellare discriminazioni non può gridare allo scandalo quando qualcuno esercita democraticamente il diritto di esprimere parere avverso.
Che società potremmo mai avere se si finisse per egemonizzare la libertà di parola? Credere nelle capacità di ragionamento e scelta delle persone produce democrazia, sottovalutarle solo meritate derisioni.
Ritengo, come di consueto, che gli articoli di Bruno siano di elevatissimo livello e meritino di non essere trascurati.
Dal punto di vista strettamente giuridico, dobbiamo distinguere la libertà di pensiero dalla libertà di manifestazione o espressione del pensiero.
Come è noto, quest’ultima assurge a rango di diritto costituzionalmente garantito.
A diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla libertà di pensiero che, tranne un accenno nella Carta Universale dei diritti dell’uomo, non è tutelata a livello costituzionale.
Un grandissimo costituzionalista e professore di diritto internazionale, Giorgio Balladore Pallieri, primo giudice italiano alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, poi diventato Presidente per lunghi anni, sino alla sua scomparsa, ha precisato che il diritto di manifestazione ed espressione del pensiero, “non può risolversi nell’espressione di vuoti pensamenti ed elucubrazioni”.
A questa affermazione è sotteso proprio il problema del l’inesistenza del diritto alla libertà di pensiero, costituzionalmente tutelato, trattandosi di questione intima della persona umana.
Se si dovesse riconoscere la rilevanza costituzionale della libertà di pensiero, la persona potrebbe giustificare qualsiasi convincimento, anche il compimento di fatti gravissimi, penalmente rilevanti, come un atto terroristico.
Il problema di sposta, pertanto, dal diritto all’ambito scientifico, culturale e, sotto certi aspetti, anche politico.
Durante il periodo del Covid, abbiamo assistito al massicciò fenomeno del cosiddetto negazionismo.
Il diritto non può che disciplinare accadimenti già verificatisi.
La libertà di pensiero non può che trovare la propria fonte ispiratrice, oltre che nella persona, nella scienza, nella cultura e nella conoscenza, che permettono di sostenere non vuoti pensamenti o elucubrazioni, ma la validità e fondatezza dell’idea in se’.
A titolo esemplificativo, solo negli anni’80, l’Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto che l’omosessualità non è assolutamente una malattia, pur essendo ben nota, tra gli psichiatri e gli psicologi, da moltissimo tempo, questa convinzione.
Quando manca la cultura e lo spirito di approfondimento dei problemi, tale da superare pregiudizi, è evidente che non può esistere nemmeno la politica, che non costituisce un fatto a se’ stante, ma è espressione di visioni dei principi e dell’organizzazione che si è data una comunità,
Tutto questo esprimere, nella filosofia del diritto e nella dottrina dello Stato, la nozione di ordinamento giuridico, che non è la legge.
L’ordinamento giuridico si fonda su tre pilastri: una comunità di persone, un territorio, ed una organizzazione che gestisce questi due elementi, che possiamo definire Stato apparato.
Che si viva in una realtà che perde parametri, non approfondisce i problemi con adeguato discernimento, che è in crisi profondissima di valori, perché manca la politica, vale a dire ciò che fonda una comunità, affronta la realtà ed è in grado di fornire risposte e guardare lontano, è un fatto evidente e molto grave.
Qualsiasi imbecille può dire quello che vuole e procurarsi gli strumenti per fare proseliti.
La casa non si costruisce dal tetto.
Si assiste, oltre che ad una crisi, insita nella società e nello Stato apparato, una profonda carenza dell’umanesimo e, conseguentemente, del valore della persona, che degenera in asocialità, arroganza, accettazione implicita delle più bieche forme di ignoranza.
Buonasera Claudio, grazie dell’attenzione riposta al mio lavoro ma soprattutto del tempo dedicato alla redazione di un’opinione decisamente condivisa e articolata. Mi permetto di utilizzare la stessa per condivisione allo stesso articolo pubblicato nei social. Davvero grazie, Buona serata.
Bruno