“Non condannare gli abusi, significa contribuire a perpetuarli.” È una citazione dai pensieri di Cecile Fée, una scrittrice francesce del 1800 ed è forse a questa che ieri faceva riferimento Paolo Berlusconi dicendo pubblicamente:”Marta Fascina torni in Parlamento. È un suo dovere”.
Facile collocare opinioni lecite e giuste nel girone del “populismo” ma questa volta non potrò essere smentito.
Giovane addetta stampa, dal 2018 Onorevole, così auto definisce la sua attività prima di rappresentare il Popolo italiano, percepisce un’indennità netta di 5.000 euro al mese più una diaria di 3.503,11 e un rimborso per spese di mandato pari a 3.690 euro.
Nella scorsa legislatura dal 2018 al 2022, su 11.1780 votazioni ha conseguito un 74,88% di assenze e l’1,09% di missioni compiute. Ha presentato in 4 anni 2 disegni di legge a firma congiunta, per modificare l’art. 67 della Costituzione per impedire che una volta eletti i deputati possano cambiare partito; ha redatto un’interrogazione ma in commissione e sottoscritto 3 emendamenti.
Anche il più lavativo dei dipendenti pubblici sbiancherebbe leggendo questi dati.
Nel totale, ad oggi, Marta Fascina manca dal Parlamento, pardon, luogo di lavoro, da ben 9 mesi, restando avvolta in dolore inconsolabile a soli 33 anni. Eppure, mi risulta che la Costituzione preveda che un Parlamentare possa rassegnare le dimissioni per motivi personali, nella XVII legislatura sono stati ben 13 a farlo.
Come faccio a contenere la rabbia, se penso alla Fascina e poi a donne, madri con figli che restano vedove senza lavoro e assistenza?
Se è vero non sia possibile misurare il dolore e che venga elaborato da ognuno in maniera diversa, il dovere, quanto la responsabilità però è, e deve essere oggettiva e quand’essa manchi non deve gravare su terzi o peggio ancora sui cittadini che l’hanno eletta, in questo caso come in altri, non certo per candidatura libera.
Mi spiace sia stato il presunto cognato a richiamare al dovere questa biasimevole moderna signora delle camelie, e mi chiedo invece, se non avesse dovuto farlo e molto prima in nome del Popolo Sovrano, l’Istituzione a cui appartiene.