Il boss, il latitante numero uno Matteo Messina Denaro è stato assicurato alla giustizia di un’Italia che le sue stesse gesta hanno più volte umiliato di fronte ad ogni cittadino di sani valori ma anche all’opinione pubblica mondiale.
Un uomo, forse improprio chiamarlo così, immeritevole di qualsivoglia perdono terreno, arriva al capolinea della sua spregevole esistenza dentro quattro mura, solo, isolato da tutta la cortina di impuniti mafiosi che da una vita lo esaltano, riveriscono e proteggono dalla Legge.
Penso alle famiglie di tutte le vittime di uomini di Stato e non, che giorno dopo giorno hanno convissuto con dolore, rabbia e rancore, stento a credere abbiamo acceso la gioia alla notizia dell’arresto, troppo poco per risanare cicatrici profonde e la vendetta ha l’effetto di un antidolorifico quando la malattia è cronica, dopo un po’ ne sei assuefatto.
Un po’ come il nostro Paese negli anni, soprattutto in quelli più bui, con il cancro mafioso ha dovuto conviverci, non tolleranza ma impotenza.
Uno Stato però, che non ha mai smesso di esserci nelle Forze dell’Ordine, in uomini e donne consapevoli di esser diversi e per questo esposti ogni giorno al rischio della vita, per un principio, per la famiglia, i figli.
Resta, in ogni Italiano non più giovane, il ragionevole dubbio se anche la politica sia sempre stata dalla parte giusta, come abbia agito per arginare il peggio o concorrere alla sopravvivenza di una mafia senza scrupoli. Ancora oggi emergono documenti e parole che sanno di profezia e come nel caso di Totò Riina si sono avverate.
In un giorno però che merita memoria per coloro che lottano, credono e hanno avuto sangue sulle tombe di famiglia, leggere commenti e parole che lambiscono derisione e offesa verso le Forze dell’Ordine, perché solo dopo trent’anni hanno agguantato la preda mi disgusta, è non appartenere al Paese, essere voce fuori dal coro perché si diventi virale, stupidi fenomeni social-televisivi.
È invece il momento dell’orgoglio, dell’unione, del riconoscimento umano di quell’Italia che non ha mai creduto nel potere di una mafia che troppo ci ha disonorato e classificato nel mondo, l’Italia è questa, quella che non si arrende e prima o poi assicura i vermi alla giustizia.