Dal 1977 il tasso di occupazione nazionale non raggiungeva livelli così importanti e questo convalida il clima di dinamicità delle nostre imprese.
Tuttavia questa premessa, riporta indirettamente al dibattuto e contrastato tema dell’inadeguato assistenzialismo del reddito di cittadinanza, ad uso improprio per certe categorie di popolazione.
Chi vuole davvero un lavoro, oltre a saper fare qualcosa, quindi aver studiato, anche solo formazione professionale, deve aver la voglia di lavorare.
Alternative? Finire nella manovalanza sottopagata, farsi gioiosamente mantenere o confluire nella criminalità organizzata.
Quella che sembra svanita è la consapevolezza della parola “fatica”, un tutt’uno con la parola lavoro. Anche se le aspirazioni delle nuove generazioni protendono ad ambienti e condizioni di lavoro “sane” e “motivanti”, è impossibile eludere l’affaticamento nell’esercizio costante della propria attività.
Che sia fisica o mentale la fatica e il sacrificio si alternano ricordandoci che stiamo lavorando. La prova il commerciale costretto a lunghe assenze da casa, magari dentro hotel angusti delle periferie, quanto l’operaio nel cantiere seduto in un container freddo a consumare il panino.
Ma anche il CEO di una multinazionale, responsabile di portare risultati, prendere ogni giorno decisioni importanti, quanto un Capo di Stato che risponde all’intera comunità nazionale.
Fatica, la vive ogni giorno quanto il sacrificio, un genitore che perde la facoltà di utilizzare il denaro solo per sé stesso e per il proprio benessere e trascorre notti insonni nell’incertezza di adempiere il proprio dovere.
Sento spesso persone lamentarsi ad esempio, per la troppa aria nel reparto, per il climatizzatore limitato o il collega inadeguato. Mi piacerebbe invitarli a scoprire quali fossero le condizioni di lavoro fino a qualche decennio fa, il mondo del lavoro e quindi il progresso civile, ha compiuto un grande passo avanti nelle condizioni ambientali ma anche nel rispetto della dignità del lavoratore.
Quella che non potrà mai cambiare quando ci si concede, seppur con passione al proprio lavoro, è proprio la condizione di “fatica”, senza di essa stiamo solo occupando tempo in attività impropriamente retribuita.
Ma per i lazzaroni questa è una sana abitudine.