Cerchiamo di capire cosa è accaduto alle elezione francesi. È facile dirlo col senno di poi, ma Macron ha commesso molti errori dalla sua rielezione.
Ha aspettato troppo a comporre il suo nuovo governo, probabilmente scommettendo su un mancato accordo tra i partiti di sinistra, che invece è arrivato.
Invece di rispondere alla narrazione di Mélenchon, nominando un governo in discontinuità con quello precedente e con una figura capace di condurre una battaglia elettorale complicata, Macron ha scelto di confermare gran parte dei ministri uscenti e di nominare una prima ministra poco carismatica, molto tecnica e inesperta dal punto di vista politico.
Macron si è disinteressato dalle elezioni legislative ed è sembrato aver dato per scontata la vittoria.
Infine, il presidente ha probabilmente abusato del suo posizionamento politico «sia di destra che di sinistra» risultando troppo ambiguo: ha affrontato il primo turno delle elezioni presidenziali cavalcando temi di destra come la sicurezza (interna e internazionale), e la riforma delle pensioni, poi ha dovuto ricalibrare il messaggio per sconfiggere Marine Le Pen al ballottaggio, proponendo maggiore attenzione alla transizione ecologica e un approccio diverso alla riforma delle pensioni.
Infine, alle elezioni legislative, ha impostato tutta la strategia comunicativa contro la sinistra unita, provando a fare leva sul rischio di ingovernabilità in caso di sconfitta del suo partito.
Gode invece Marine Le Pen, il suo partito ha risolto i propri problemi economici per la prossima legislatura, e finalmente i lepenisti potranno dimostrare di essere una forza politica ormai pienamente inserita nel gioco democratico del Paese, un pò quello che accadde ad Alleanza Nazionale nel 1994 ai tempi del primo governo Berlusconi.
La sinistra, grazie all’alleanza guidata da Mélenchon, è la prima forza di opposizione con circa 150 deputati.
Rispetto al clima respirato durante le elezioni presidenziali, in cui sembrava che la sinistra non avesse più nulla da dire e da offrire agli elettori, è senz’altro un risultato storico.
Mélenchon è riuscito a compiere un doppio colpo, convincendo prima tutti i partiti di sinistra a unirsi sotto una sola bandiera, poi i francesi che le elezioni legislative potevano essere un modo per riportare la gauche al potere.
Chi vota a sinistra, in Francia, vuole un partito in grado di elaborare un progetto di società diverso da quello attuale.
Per concludere, difficilmente Emmanuel Macron, in un contesto così complicato, potrà governare. Bastano, infatti, 58 deputati per tentare di provocare le dimissioni del governo, a condizione che la maggioranza assoluta dei componenti voti a favore della mozione.
Per andare avanti in queste condizioni c’è bisogno di una grandissima capacità di compromesso, adattamento e pazienza: tutte qualità che per adesso Macron non ha mostrato. È possibile, ma faticoso.