Espormi con l’opinione odierna è camminare su bicchieri di cristallo sperando di non provocare danni.
Al ritorno dal confine ucraino incontrando persone e amici, qualcuno, non certo in modo accondiscendente mi ha detto:”ma tutti i profughi che portano qui nei Comuni chi paga? Come faranno a lavorare?”, purtroppo non sono stati pochi.
Oggi mi sento un pò come loro nel pormi un quesito. Allo scoppio del conflitto, molti Governi dei Paesi Europei hanno messo mano al portafoglio occupandosi dell’afflusso d’immigrazione, anche l’Italia e dico, fortunatamente e con dignità nazionale ha fatto la sua parte stanziando quattrocento milioni di euro.
Si tratta di un contributo di circa 600 euro al mese (o fino a 900 euro a seconda del nucleo familiare) destinati ai rifugiati ucraini che trovino un’autonoma sistemazione, poi ci sono i venti euro al giorno per profugo, attraverso il sistema dell’accoglienza diffusa ovvero, per associazioni e famiglie che ospitano.
Parliamo di cifre importanti. Cifre che vengono prontamente trovate e rese disponibili, ovvio si tratta di emergenze.
Allora vado a leggere il significato di emergenza e trovo ” circostanza imprevista, accidente che richiede intervento immediato”.
Avendo toccato con mano la drammatica emergenza umanitaria, penso a persone trovatesi dalla mattina a sera senza più nulla di strutturale, economico e soprattutto umano.
Possiamo quindi affermare che un improvviso terremoto sia classificabile come emergenza? Se sì, e vale la volontà di intervenire prontamente allora c’è da domandarsi perché ad esempio dal terremoto che nel 2009 ha colpito l’Aquila, causando 309 morti e oltre dieci miliardi di danni ad abitazioni e infrastrutture, ad oggi le scuole e non dico discoteche, siano ancora chiuse.
Per ovviare alla drammatica situazione vennero costruiti 36 moduli ad uso provvisorio, impianti progettati per durare al massimo cinque anni, e avrebbero dovuto sostituire gli istituti distrutti in attesa della ricostruzione.
Ad oggi solo due delle 52 strutture scolastiche del comune sono state effettivamente ricostruite. Per il resto si continuano a usare i moduli provvisori, o si è tornati nelle vecchie scuole in muratura a cui sono stati eseguiti dei lavori di adeguamento sismico insufficienti però a garantirne la sicurezza.
Sono trascorsi tredici anni capite? Fatico a comprendere la definizione dei parametri per valutare il grado di sofferenza e disagio di ogni umano vittima di una catastrofe, come pure la destinazione fondi e tempi per i singoli interventi.
Se dopo tredici anni di attesa i nostri bambini stanno in strutture non più sicure e non nelle loro scuole, e invece si trova consistente denaro per altre emergenze, delle due, o il denaro c’è sempre stato e si è perso interesse per chi ha perso tutto o non c’è, ma lo si trova discriminando.