Studenti della facoltà di economia di Atene 2008
Manifesto degli occupanti . Siamo qui/siamo ovunque/ siamo un’immagine venuta dal futuro. Perché nelle strade delle nostre città di luce, distrutte e saccheggiate, non vediamo soltanto l’inevitabile conseguenza della nostra rabbia, ma la possibilità di iniziare a vivere. Non abbiamo altra scelta che ospitare questa possibilità, trasformarla in un’esperienza vivente: radicandola nel terreno della vita quotidiana, della nostra creatività, della nostra capacità di far prendere corpo ai nostri desideri, della nostra capacità di non contemplare, ma costruire il reale. Questo è il nostro spazio vitale. Tutto il resto è morte. Chi vuole capire, capirà. E’ giunta l’ora di far saltare le catene invisibili che imprigionano ciascuno di noi nella sua piccola, patetica esistenza. Per farlo non serve necessariamente, o non solo, assaltare le stazioni di polizia o dare alle fiamme i centri commerciali e le banche. E’ giunta l’ora di alzarci dal divano, di risvegliarci dalla contemplazione passiva della nostra esistenza individuale, e di impegnarsi nel campo dei rapporti sociali con la forza destabilizzante di una bomba atomica.
Nel 2008 la morte di un quindicenne, ucciso da un poliziotto il 6 dicembre, ha scatenato in tutta Atene un’ondata di proteste e violente manifestazioni che sarebbero durate per tre settimane, diffondendosi in tutta la Grecia, culminando in uno sciopero generale che ha paralizzato l’intero Paese per un giorno e ha indotto gli studenti di varie università a occupare gli atenei. Non si trattava soltanto di una reazione alla brutalità della polizia: la rivolta esprimeva anche la frustrazione e l’insoddisfazione della cittadinanza nei confronti della corruzione del governo, delle sue politiche economiche e del suo approccio alla pubblica istruzione. Fu solo l’inizio del declino di un Paese, patria della democrazia universale.