Perché Sanremo è Sanremo, citava il claim di Baudiana memoria, tanto per rispondere ai riconoscimenti nei risultati Auditel, quanto alle polemiche immancabili ogni anno.
Ho frequentato per otto anni la sala stampa dell’Ariston, e da quando ero piccolo rosso e con le lentiggini, dalla sedia al divano non mi sono mai perso una serata.
Tra alti e bassi siamo arrivati alla settantaduesima edizione e il tanto criticato pubblico, una volta passerella di ricchi imbalsamati oggi ritrovo di amici e parenti di conduttori e organizzatori è stato il vero protagonista della serata.
Quel “ci siete mancati !” di Amadeus è quello che ognuno di noi ha pensato, tornando alla tristezza del teatro vuoto dell’edizione precedente.
Una scenografia davvero bellissima, degna di un’organizzazione capace, perfetta nel gestire la manifestazione di punta della Rai ma soprattutto in grado di evolversi, allineandosi ai costumi sociali pur rispettando a tratti la tradizione.
Cosa stupisce maggiormente? Leggere stamane inutili tweet di protesta impregnati di bigottismo, di un ancien regime stucchevole, lanciati da politici e militanti di partiti. Sempre le stesse polemiche, sempre la stessa incapacità di gestire i cambiamenti come a voler fermare il tempo, impresa da sempre impossibile.
Basta un abito trasparente, una scollatura eccessiva, canzoni, testi o gesti provocatori, ambigui, per gridare allo scandalo, per non parlare della rappresentazione della diversità, artistica, sessuale o ideologica rispetto alla norma.
Tutto ciò è sempre un complotto contro la tradizione, Dio, Patria e Famiglia. Li rispetto, lascio che si esprimano ma non convengo con il loro pensiero.
Non può essere scandalo Achille Lauro che si auto-battezza accompagnato da un coro gospel sulle note di un Alleluja, sono quattro anni che fa di ogni canzone un’interpretazione oltre le righe.
Leggo l’homepage di Avvenire, diretto interessato che potrebbe aver qualcosa da dire e trovo l’immagine di Fiorello e Amadeus con la nota di un Festival tra risate e lacrime, niente anatemi. Li trovo però sulle pagine di chi ogni giorno incita al pensiero unico.
Non mi scandalizzano artisti maschili con abiti che trascendono i confini della conformità dell’abbigliamento di genere, ogni video sul web o trasmissione dove le nuove generazioni sono presenti evocano il pensiero fluido su stereotipi divisivi con cui siamo cresciuti.
Se prima avvertivo stupore nel vedere ragazzi con le unghie pitturate ora capisco i miei nonni quando scuotevano la testa di fronte ai capelli lunghi o i pantaloni a zampa di elefante o l’orecchino.
Non mi scandalizzo di fronte a Mahmood e Blanco che incrociano gli sguardi mentre cantano provocando brividi, l’amore è libero e nessuno può contrastarlo.
Classe e bellezza di Ornella Muti, divengono un accessorio di fronte ad una collana a forma di marjuana, l’artista e la persona travolte dal nulla ideologico.
Per chi vive per porre regole, muri e ideologie, il pericolo sono i simboli e i cambiamenti, nulla può cambiare, per questo Sanremo su questo fronte azzarda e convince più di altre Reti dove ipocrisia ed eccesso sì creano imbarazzo.