Chi non si è infuriato negli ultimi tempi per aver ricevuto fuori orario, e magari pure in giorni festivi, chiamate dai numerosi call Center? Immagino tutti i possessori di cellulari.
Qualcosa di veramente fastidioso al limite dello stalking. Per i superstiti del numero fisso, esiste un registro per non esser chiamati, malfunzionante ma almeno qualcosa.
Adesso arriva il codice etico dell’Associazione Call Center italiani, potranno chiamare solo in giorni ed orari prestabiliti, cioè orari in cui le persone lavorano.
Eppure da anni sentiamo parlare di privacy, compiliamo carta con firme distratte, apposte con fretta senza leggerne il contenuto, solo per proseguire nelle nostre cose o ottenere quel che ci serve, come ad esempio le chiavi d’una stanza d’albergo o l’accesso ad un sito.
Ci siamo turbati, irrigiditi, con lo scandalo Cambridge Analytica per la cessione di dati utenti da Facebook a società per le elezioni americane o referendum sulla Brexit e marketing a multinazionali, gran chiasso, alla fine fumo dissolto grazie a qualche super multa commissionata.
Con disinvoltura frequentiamo social, ore e ore delle nostre giornate senza pensare che qualcuno possa tracciare gusti, ma oramai anche pensieri, rendendoci macchine da soldi.
Oppure, siamo talmente parte di quel modo di frequentare e vivere in simbiosi quel mondo surreale, da accettare consapevolmente di vivere una vita trasparente, trovando normale l’essere oggetti per marketing universale.
In mezzo a tutta questa rappresentazione, c’è una cosa che non riesco ancora a digerire: la possibilità di non far sapere a qualcuno dove mi trovo, se sono on line, e qual’è stata l’ora in cui mi sono collegato per l’ultima volta.
In poche parole sono uno dei due miliardi di utenti di Whatsapp.
Io posso tollerarlo pur incazzandomi, ma le vittime di cyberstalking no. Ex mariti, mogli, fidanzati, colleghi, amanti, persone che bramano per gelosie o vendette, sapere ogni movimento.
La conoscenza è potere e avere questo livello di potere su qualcuno è inebriante, pericoloso e profondamente immorale.
L’Italia è il secondo Paese in Europa (e l’ottavo al mondo) per numero di stalkerware installati sui dispositivi. Basta avere whatsapp e il gioco è fatto.
E ad oggi Facebook continua ad ignorare il problema, lascia ai Governi di occuparsi di molestatori, eppure basterebbe poco per limitarne i danni, non credete?
Oggi fare cyberstalking secondo l’art.612 bis del C.P. può costare da 6 mesi a 5 anni se esiste querela.
Bastano a ripagare ansie, notti insonni e terrore psicologico? E se cominciassimo a comminarli a Zuckemberg e Company?
O magari, tutelarci da soli, dando il vero valore alla nostra Privacy.