L’avvicendamento di politici nelle sedi istituzionali, come la nascita, il restyling o le separazioni consensuali di movimenti e partiti a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, credo abbiano fornito due lezioni interessanti.
La prima, rade al suolo la convinzione che la democrazia rappresentativa potesse essere migliore, quando a farne parte fossero cittadini qualunque, provenienti da qualunque professione, dalla più manuale a quella scientifica.
A volte, la disperazione porta a convinzioni irrazionali, come quando lasciati da un partner o di fronte ad un male incurabile si giunge persino a consultare maghi o cartomanti.
La disaffezione, unita all’indignazione per una politica, le cui azioni negli anni sono state simili ad un bradipo e senza coraggio per riforme importanti, hanno pervaso il popolo in generale portandolo a sposare teorie pseudo rivoluzionarie senza garanzia di cosa sarebbe potuto accadere… il “tanto peggio di così” è stato il mantra che ha ipnotizzato alle urne.
Se tralasciamo il binomio, politica=business (negarlo è blasfemia), ci siamo ritrovati schiere di eletti senza alcuna esperienza politico istituzionale, ma ciò che più conta nei fatti (documentati da interviste, proposte di legge, rappresentanza ai tavoli internazionali e comizi) è la mancanza di una cultura generale più che di una specifica.
Per intenderci, un elettricista, (per prendere un’attività a caso) conosce il proprio mestiere, difficile una volta divenuto senatore possa conoscere, ma soprattutto parlare a ragion veduta di argomenti lontani anni luce dal suo bagaglio culturale.
Non servono i servizi delle Iene per evidenziare la scarsità di cultura in chi ci rappresenta, bastano i risultati raggiunti in sede comunitaria, nelle politiche economiche, migratorie, lavoro, sicurezza ecc. L’approssimazione non tramuta l’incapacità in esperienza.
Proviamo a mettere su un tavolo virtuale poche cose: pandemia, scuola, occupazione, giovani, sanità, infrastrutture e rapporti internazionali, bastano questi temi per aggregarvi dei post con le azioni tentate e mai portate a termine, per comprendere il caos e l’impoverimento del potere di rappresentanza in Europa ma anche tra i cittadini.
Oscilliamo con le nostre convinzioni tra la necessità di un potere guida autoritario e una forte nostalgia della buona educazione, moderazione e capacità di mediazione e compromesso.
Uno Stato dove le persone si formano per cultura attraverso i reality, non leggono e passano il 40% del tempo tra selfie, social ed influencer, ha poco di cui sperare nel potere di rappresentanza.
La politica continuerà ad esprimere, seppur anagraficamente più giovane, insufficienza culturale e professionale nell’esercizio della sua funzione più specifica, rappresentanza ed esecutiva.
Possiamo quindi sorprenderci che nella bozza del disegno di legge per il bilancio 2021 vi sia un incremento di spesa per il reddito di cittadinanza? Se anche di fronte ai fallimenti più evidenti e deprecabili si soprassiede, allora meglio una rivoluzione.