Il 27 giugno si terrà il primo dibattito televisivo tra Joe Biden e Donald Trump. Biden è attualmente il candidato in maggiore difficoltà. Nonostante abbia recuperato terreno in alcuni sondaggi a livello nazionale, per quanto riguarda la maggior parte degli Stati chiave il presidente continua ad arrancare.
L’’inquilino della Casa Bianca inoltre, ha perso il vantaggio che deteneva in termini di raccolta fondi. Nel mese di maggio, la campagna di Biden ha rastrellato 85 milioni di dollari: una cifra ben al di sotto dei 141 milioni raccolti da quella di Trump.
Un altro problema è poi quello della performance. Con ogni probabilità, la campagna di Biden spera che il dibattito aiuti a rilanciare la claudicante candidatura del presidente americano. Ragion per cui, se dovesse andare male, non è escluso che i settori più titubanti del Partito Democratico tornino a farsi sentire, invocando un cambio di cavallo in corsa. Si tratta di uno scenario non troppo improbabile, visti anche i recenti problemi di lucidità che hanno caratterizzato il presidente.
Infine, Biden appare maggiormente vulnerabile anche a causa della recente condanna penale subita dal figlio Hunter, senza dimenticare che, a inizio settembre, Hunter subirà un secondo processo, che lo vede imputato per reati di natura fiscale.
Ma anche Trump non è messo benissimo. Nella sua cerchia temono innanzitutto che l’ex presidente dia già per scontata una performance debole da parte del rivale: il che potrebbe portare il tycoon ad abbassare pericolosamente la guardia.
In secondo luogo, non è escluso che la strategia di Biden sarà quella di provocare l’avversario con il preciso obiettivo di fargli perdere le staffe, alienandogli così le simpatie degli elettori indipendenti. Si tratta di una trappola da cui il candidato repubblicano deve guardarsi attentamente, se non vuole perdere terreno nei sondaggi.
Un terzo fattore da considerare risiede nel fatto che sta per arrivare la decisione della Corte Suprema sull’immunità di Trump: una decisione che, in linea teorica, potrebbe addirittura aver luogo poche ore prima del dibattito televisivo. L’incognita è rilevante. Se i giudici dovessero dargli torto, per Trump potrebbe configurarsi un problema sul fronte della campagna elettorale. Di contro, se dovessero rimandare la questione ai tribunali di grado inferiore, i tempi si allungherebbero e ciò si rivelerebbe sostanzialmente una vittoria sia sul piano giudiziario che su quello politico.
Non è infine chiaro quale sarà l’impatto dei vice sul dibattito. Kamala Harris sconta una rilevante impopolarità, mentre Trump, che dice di aver già scelto il proprio running mate, non ha intenzione di rivelarne il nome prima della Convention nazionale di luglio.
Insomma, i punti interrogativi restano numerosi ma purtroppo, non possiamo voltare pagina.
Il tuo approfondimento, che leggo sempre molto volentieri, così lucido ed equidistante, aiuta a comprendere le dinamiche di una potenza mondiale.
Grazie Bruno
Ciao Paolo,
grazie della tua attenzione. Ne sono onorato.