Non ci sono davvero buone notizie sul fronte industriale italiano. La produzione industriale nel nostro Paese infatti è scesa dell’1,2% secondo i dati di gennaio , invertendo la tendenza e mancando le previsioni di un calo dello 0,5%, quindi rivelando una realtà molto peggiore delle attese.
Le situazioni belliche e l’instabilità dei mercati non aiuta e men che meno la disastrosa situazione della locomotiva tedesca che non prima del prossimo autunno inizierà a rialzare la testa. Gran parte dell’indotto di sub fornitura dell’automotive gira attorno alla Germania.
Le aziende oggi fanno i conti con tassi ancora elevati, un costo del lavoro incisivo nonostante le mille promesse di un ribasso su larga scala e alle porte di vi sono i rinnovi dei contratti nazionali di molti settori.
Il turnover di ricerca personale è ancora in preda a convulsioni causate da una classe di lavoratori già adulta ma soprattutto da quella generazione Z che non ci pensa due volta e mollare dall’oggi al domani il posto occupazionale, senza neppure averne uno di cambio garantito. Candidati che non si presentano a colloqui dopo aver confermato l’appuntamento o peggio ancora, lavoratori giovanissimi che dopo aver firmato un contratto a tempo indeterminato, dopo soli 30 gg si licenziano in virtù di ambienti di lavoro o gerarchie non gradite.
La stessa Confindustria però, è più coinvolta dal rinnovo della carica del Presidente tra mille faide che non dal perseguire gli interessi dei propri associati. Una certa comunanza con la politica, ammaliata 365 giorni all’anno dai micro o macro appuntamenti elettorali che assicurano il mantenimento degli scranni.
Nel frattempo però, in questo Paese i giornali sono pieni di notizie francamente inutile o dannose. Sarà utilissimo sapere che l’anno in corso è il più caldo degli ultimi 10 mila anni, quando non ci saranno più aziende, più fabbriche, più officine, e saremo un paese di camerieri, per i turisti, e di pensionati senza pensione (chi paga le tasse senza produzione industriale e senza consumi?).
Sarà utilissimo affermare che l’economia è sostenibile, quando non ce ne sarà più nessuna.
Ci stiamo avvicinando a questa situazione. La scelta è semplice: o continuare a parlare di fuffa e palle, o fare qualcosa di serio. Parlare di produzione industriale in un’Italia che parla di principessa Kate o di stupidaggini woke, oppure della cattiva prestazione della Juve, sembra strano, ma prima o poi un po’ di gente perderà lavoro, pensione e assistenza sanitaria.
Magari allora ci sarà un po’ di realismo.