Leggendo i quotidiani nelle ultime settimane, vedo sempre più riaffiorare la rappresentazione teatrale di Pirandello de “il gioco delle parti”.
Assisto perplesso ad una Premier in grado di costruire relazioni in Europa cercando consenso, ma nel contempo risucchiata nel ruolo politico che meglio le si addice, quello di opposizione che scredita chi cerca invece di conquistare.
È qui il parallelismo con Il tema centrale dell’opera pirandelliana, l’ambiguità dell’identità e la fluidità delle maschere sociali che le persone indossano, ed i politici in questo eccellono.
Una Premier che è di destra radicale che muta verso i moderati per cambiare il quadro politico centrale a Bruxelles con nuove alleanze, mentre il suo partner di maggioranza, Salvini, radicalizza contenuti e linea politica.
Il capitano leghista, è perfettamente nella parte di Leone, cerca di manipolare gli altri personaggi, ma alla fine si rende conto che anche lui è diventato una pedina nel gioco delle parti, incapace di distinguere la realtà dalla finzione. Infatti è consapevole di affrontare una linea politica estremista e indigesta agli italiani, come pure fare promesse che non potranno essere realizzate senza l’approvazione dei poteri centrali a lui tanto avversi.
In pratica i due protagonisti della scena politica, tra colpi di scena in vista delle elezioni del 2024 e smascheramenti, sono invece costretti ad affrontare l’artificialità dei ruoli che hanno scelto o che gli sono stati imposti.
Ma davvero l’elettore leghista che storicamente difendeva i valori dell’autonomia, del lavoro di piccole imprese e commercianti, nonché di operai del nord Italia, può condividere partnership con Marine Le Pen o Alice Weidel di AFD?
Quel popolo che si riuniva a Pontida o alla foce del Pò a Pian del Re con l’ampolla, quello che sentiva propria l’identità di popolo padano, davvero celava sentimenti di estrema destra? Non credo.
La Lega arrivò nei tempi d’oro ad attrarre imprenditori, commercialisti, commercianti, operai e casalinghe, gente con l’origIne d’anima democristiana o liberale.
Salvini si spinge a destra per sottrarre consenso a Meloni ma la strada intrapresa è irta di ostacoli, primo tra tutti, far sentire gli elettori moderati del partito “estremisti o fascisti”.
Bossi viene tenuto alla larga, oramai tutti succubi di un segretario ingestibile e dalle mille maschere.