Lasciandomi contaminare dal semplice avanzare dell’età, negli ultimi anni ho provato a difendere l’uomo Emilio Fede da attacchi pretestuosi o faziosi a seconda dei casi.
Il personaggio, un capace giornalista alle origini e poi ridotto ad una macchietta professionale al servizio di un generoso “amico” a cui piaceva sentirsi adulato, veniva spesso messo alla pubblica gogna social mediatica nonostante avesse riposto la penna nel cassetto affrancata da un’uscita dalla scena pubblica indecorosa.
Rimasto solo verso un oblio inevitabile, è passato addirittura sotto l’umiliante, insensata e spropositata forza della giustizia e di chil’amministrava, quando gli venne impedito di presenziare ai funerali della moglie per semplice burocrazia.
Da quel momento, chi lo vide sempre come cassa armonica di un nemico pubblico ed associandolo ad esso irriso nel peggiore dei modi, si addolcì passando dallo stato di verbale aggressività a quello compassionevole della sensibilità umana.
Ma i vecchi saggi difficilmente difettano ed uno di loro diceva:”il lupo perde il pelo ma non il vizio.”
Chiunque abbia visto lo sfogo di Fede nella pietosa e surreale diretta socia per non aver potuto presenziare ai funerali di Berlusconi, ha rivisto in quel feroce attacco, composto da insulti della peggior specie verso l’autista che l’ha privato delle chiavi dell’auto, lo spietato uomo di potere che per anni è sempre stato.
Per lui, giornalisti collaboratori, assistenti, segretarie o tecnici di studio, erano servi funzionali all’esercizio del suo potere e del raggiungimento di obiettivi.
Esattamente quello che per anni il freddo autore di Striscia la Notizia Ricci, ci ha mostrato nelle sfuriate iraconde dentro gli studi del Tg4 o Studio Aperto.
L’insicurezza, e quanto per paradosso l’eccesso di autostima, in queste personalità si fondono in una miscela esplosiva dando origine a uomini di potere che considerano dipendenti e collaboratori semplici numeri, oggetti, umiliarli li fa sentire meglio, opprimerli con scenate isteriche, possibilmente di fronte ad altri rafforza secondo loro il concetto di chi comanda e chi ubbidisce.
Lo ammetto, ho sbagliato, dopo quelle parole oggi non provo pietà per Emilio Fede e lascio che la compassione l’abbia chi dovrà giudicarlo nell’alto dei cieli.