Anche quest’anno i festeggiamenti per l’unità d’Italia si sono compiuti, ovvero la versione profana, quella Sanremese che protende ogni anno a sublimare l’arte della musica pop dentro un contenitore televisivo paragonabile solo ad un centro commerciale mediatico.
Ho visto ogni serata come milioni di italiani, oggi sempre più giovani rispetto agli anni di baudiana memoria.
Mi sono convinto alla fine, che noi siamo lì ogni anno sempre più numerosi non per le canzoni, gli artisti, lo spettacolo ma perché quel momento magico, è catalizzatore generale di masse, ci ritroviamo tutti insieme, ne parliamo per giorni, ogni canale tv, radio, social non parla d’altro e l’esserci è diventato sport nazionale rendendo gaudenti RAI, sponsor e meno la politica in funzione del potere che la manifestazione ha acquisito.
Cosa mi è piaciuto? L’aver svecchiato un festival obsoleto e lontano dalla realtà musicale d’ascolto, l’opportunità offerta a molti giovani talenti, alcune canzoni e l’orchestra, vera protagonista.
Cosa non ho gradito? Le provocazioni a sfondo di polemica politica, questo eccesso di esaltazione di rivendicazione di diritti umani che nella realtà già abbiamo, eccetto qualche distinguo.
Lo sdoganamento di libera espressione è lampante, come pure il concetto di fluidità, nei testi, nell’abbigliamento e nessuno si scandalizza, allora perché eccedere?
La musica da sempre è portatrice di messaggi, cambiamenti lasciamo che sia lei a comunicare, le messinscena pianificate non sempre portano risultati vantaggiosi.
Sono scandalizzato? No. Reputo sia solo una questione di rispetto per il vasto pubblico eterogeneo di cui è composta la platea sanremese in Italia e nel mondo.
Rispetto però anche per gli artisti. Lavorano un anno su un progetto per poi doversi esibire all’una di notte con una proporzione di audience indecente e penalizzazione di voti.
Insisti perché artisti come Anna Oxa e Gianluca Grignani partecipino e poi dai loro la visibilità di un giovanissimo alle prime armi?
Dietro questo malfunzionamento ci sono i ritardi dovuti a tutto il resto. Allora perché i promo delle fiction, i monologhi copia di altri già sentiti, gli inutili ammiccamenti e minuetti tra conduttori se escludiamo quelli necessari a cambi tecnici e i collegamenti esterni da piazze, navi, super ospiti?
Se proprio li volete, lasciateli in coda all’esibizione delle canzoni in gara e chi vuole resta. Eurovision Song Contest insegna.
Infine, i grandi della musica italiana, quando l’età anagrafica penalizza le esibizioni anche nel decadimento fisico, sarebbe meglio citarli, premiarli lontani dalle telecamere, meritano ben altro.
Basta poco perché tutto questo divenga una indecorosa commemorazione.