Mark Twain diceva: I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perché”.
Lo scrittore statunitense, pur essendo vissuto nel XIX° secolo aveva colto l’attimo di quello che una parte consistente del popolo lavoratore occidentale ha compreso dopo la segregazione pandemica.
Nei primi nove mesi dello scorso anno un milione e mezzo di persone, il 22% in più del 2021, ha rassegnato le dimissioni.
Le nuove generazioni hanno fatto una riflessione degna della svolta musicale che segnò l’arrivo dei Beatles negli anni’60, il gruppo inglese attinse da diversi stili e propose un nuovo rock finendo per contaminare anche i più conservatori.
Per dirla come mangiamo:” le persone si sono rotte le palle di una vita incentrata sul lavoro” iniziando a comprendere e dare un senso anche alla vita privata, quella che conta davvero, dando il ben servito ai datori di lavoro troppo esigenti, insomma una marcata corrente di pensiero.
Quello che inizialmente era un pensiero di millenials e poi generazione Z è ora tra i lavoratori un pensiero comune e trasversale d’età. È una tragedia? Non credo.
I cambiamenti sociali hanno una componente identica per ogni tempo, non li si può fermare. Mio padre ha lavorato meno di mio nonno ed io meno di mio padre.
Le generazioni di lavoratori che, a prescindere dal denaro, passione o potere intrinseco passavano dalle dieci alle dodici ore lavorando, sta per uscire di scena lasciando spazio a chi ha stabilito delle priorità diverse, senza rinnegare il valore dell’attività lavorativa ma stabilendo delle regole perché questa sia essenziale e non abrogativa dell’intera esistenza.
Gli affetti, le relazioni sociali, i viaggi, la cultura, gli hobbies nel loro pensiero, devono avere una precisa interazione garantendo così una condizione psicofisica migliore nelle persone le quali, lavorano e producono meglio.
Le aziende che hanno avuto la sensibilità di prestare maggiore attenzione alla forza lavoro infatti non hanno risentito del fenomeno “dimissioni”.
La prossima mossa spetta ai datori di lavoro, dovranno rendere funzionale l’attività dei dipendenti senza compromettere produttività e crescita. Paradossalmente, questa volta farà bene anche a loro, dopotutto, forse…una vita privata magari ce l’hanno davvero.