Senza offesa per nessuno, a me pare vi sia nel racconto mediatico del Paese una narrazione distorta almeno nel contenuto attinente il benessere delle persone fisiche, quello delle casse dello Stato è purtroppo reale.
Lo tocchiamo con mano quando necessitiamo di assistenza medica dentro pronto soccorsi o prenotiamo una visita specialistica oppure quando entriamo in scuole fatiscenti o dobbiamo riparare l’auto a causa di strade malconce.
Per tutti gli altri, cosa sia l’indigenza è ancora qualcosa lontana dalla reale comprensione. Non lo dico certo a quegli italiani che campano di sola pensione sociale, ai veri disoccupati che non arrivano a fine mese neanche con la spesa al discount e agli occupanti delle case popolari nei quartieri del degrado urbano.
Quello che tutti vediamo per strada, nelle fabbriche o negli uffici, sono uomini, donne e ragazzi con iPhone o Samsung da mille euro, abbigliati con capi in gran parte griffati, centri commerciali gremiti ad ogni ora del giorno feriale o festivo che sia.
Quando proviamo a prenotare un tavolo in pizzeria o al ristorante molte volte ci rispondono sia tutto pieno e basta andarci per capire che è vero.
Se escludiamo i cinema che oramai vivono in sofferenza conclamata, i teatri sono pieni, locali da ballo anche, ogni famiglia ha almeno un abbonamento ad una piattaforma streaming perché la tv generalista non basta più e una o più macchine per nucleo e per usarle serve carburante, assicurazione, pedaggi, manutenzione e cambio gomme.
Dimentico qualcosa? Sì, bar pasticcerie, fast food lavorano a pieno ritmo e ricordo che a Milano un semplice gin tonic serale nelle vie della movida costa 14 euro mentre i corrieri di Amazon non hanno sosta nel consegnare beni che ogni minuto vengono acquistati.
Certo, discorso a parte spetta alle imprese che devono produrre ricchezza e che sì sentono la crisi ma anche quelle non piangono quando a fine anno dividono gli utili.
Ecco perché vorrei davvero comprendere quale di queste due fotografie è la più vera, quella presentata dai talk del circo mediatico o quella che vivo ogni giorno.
Forse l’abitudine al vittimismo non porta rispetto a chi davvero sopravvive.