Vedo nero, cantava anni fa Zucchero, oggi invece il ritornello è cantato da cori di una sinistra messa temporaneamente all’angolo ma il cui risultato certifica quanto sia viva la democrazia.
Nella mia logica d’analisi politica, rispetto ad altri, non credo l’Italia abbia virato ideologicamente a destra, credo invece che il risultato delle urne decreti quanto sia ancora in essere il lungo viaggio del popolo verso il cambiamento.
Prima ricercato nelle fondamenta istituzionali, la sfiducia nei partiti, le troppe e stringenti regole burocratiche, le segreterie, le caste e sperperi poi nei suoi rappresentanti.
La seconda tappa contemplò il “vaffa”nazionale con la coltivata illusione che l’uomo qualunque potesse sedere, rappresentare e gestire la politica italiana senza averne titolo e competenza specifica e che la democrazia potesse fondersi di digitale.
La terza tappa nel viaggio del cambiamento è quella vissuta ora, sospinta dai valzer degli impossibili governi dei nemici, da due anni di pandemia, isolamento, riflessione, per chiudere con una crisi economica che necessita di risposte serie alla sopravvivenza industriale, commerciale e famigliare di ogni italiano.
Questa sensibilizzazione e consapevolezza della necessità di cambiamenti, iniziò nel 2013 quando l’Italia più decisa di sinistra, quella di destra è fedele ai suoi ideali e pensa che la fretta è del diavolo mentre la lentezza è di Dio, si affidò ad un giovane rottamatore per radere al suolo la direzione di un partito la cui organizzazione risentiva di un comunismo mai spento.
L’Italia, dopo Berlusconi, proseguì così nello stile americano con la scelta convinta che i partiti gestiti da una leadership d’immagine guadagnassero di più, ma l’ego è una fiera indomabile e dopo un referendum fallimentare Renzi passò la mano ai 5 Stelle.
Complice una pessima legge elettorale l’instabilità regalò fama e potere a Conte, Salvini e Di Maio. Sappiamo come finì e quale peggio giunse dopo.
Per un momento però ci siamo illusi di poter fermare la ricerca e d’essere arrivati all’agognato cambiamento, è accaduto quando Mario Draghi diventa Premier, un supereroe internazionale non poteva fallire, ma nessuno è profeta in Patria e Draghi una volta compreso ha mollato nel momento peggiore facendo riprendere al popolo il viaggio verso il cambiamento.
Analisi: La prima considerazione riguarda i giovani. Il 37% dei giovani tra i 18 e 34 anni non ha votato. Il terzo polo, ma in genere le formazioni minori piacciono ai ragazzi. Le pagliacciate fuori contesto dei vari leader esibite su Tik Tok non hanno smosso un solo voto.
Lode all’attività del partito, alla coerenza politica e alla leadership di Giorgia Meloni, il cui risultato però aggrega oltre i fedelissimi anche i transfughi insoddisfatti di Lega, Forza Italia e qualche 5 Stelle ma soprattutto protesta generale, la stessa che catalizzò prima Renzi e poi i 5 Stelle, inutile nasconderlo.
Forza Italia toglie qualcosa alla Lega, diviene il baluardo della moderazione di un centro destra + destra che centro e Berlusconi restando il padre padrone del partito, ha però saputo respingere l’assalto del terzo polo. Dovrà solo fare i conti con l’età anagrafica e la tentazione di alcuni dei suoi di salire sul carro del vincitore meloniano.
La Lega con il suo capitano è quella che merita maggior attenzione. Risultato imprevisto? No per due motivi.
Il primo, una linea politica che ha perso smalto negli ultimi anni di gestione, azzeccando poche scelte convinte. Dal governo giallo-verde con appoggio al reddito di cittadinanza all’uscita dello stesso, alla fiducia ed appartenenza al governo Draghi per poi assediarlo con continui e schizofrenici attacchi motivati dal tenere un piede all’opposizione virtuale.
Mettiamoci pure la frenesia di cambiar pelle ad un partito dal territorio identitario aspirante al federalismo, che si spinge al sud della penisola portando in casa politici emarginati della peggior specie e dubbie amicizie solo per crescere nel consenso. Ovvio che alla base regnasse il malcontento.
Posso non citare anche l’aver flirtato con gruppi di estrema destra? L’elettorato della Lega fatto da imprenditori, artigiani, commercianti e operai, non è mai stato di estrema destra, ma più destra liberale.
Un carico negativo importante riguarda anche la comunicazione e immagine, il cui peggio da sempre spettava al PD, ha invece nel tempo creato forte imbarazzo.
Un Leader travestito da TikToker, i cui video cambiavano sfondi a richiamo ideologico con intraprendenza eccessiva, impaziente di twittare a qualunque ora del giorno e della notte, pur di dire qualcosa, finendo quasi sempre sulle prime pagine dei quotidiani o in tendenza social per critiche.
Questa volta neanche il tema immigrazione ha sfondato, troppo abusato.
Ma il secondo motivo è il più trasparente, quando un politico non arringa più alla contrapposizione verbale, facendo innervosire ed arrabbiare gli avversari divenendo semplicemente ridicolo per le sue gesta e parole nella testa delle persone qualunque, allora è finito perché la conseguenza della derisione è l’indifferenza.
Ora, la struttura organizzativa del carroccio è complessa, prima vi sono i congressi cittadini già partiti e solo nel 2023 probabilmente il congresso nazionale stabilirà il successore. Per due volte ha evitato di convocarlo, e avvisato di un pericolo maggiore, con Forza Italia ha colto la palla al balzo sostenendo dalle retrovie l’assalto al governo Draghi facendolo capitolare con largo anticipo. Anche questa è andata male.
Sul Pd e Letta cosa dire? Una catastrofe annunciata. Una campagna basata sul demonizzare un fascismo inesistente, dimenticando che democrazia è alternanza e che un Paese scelga un governo conservatore dopo anni di sinistra non è la fine del mondo.
In pochi mesi ha svuotato il valore di alleanze che avrebbero potuto salvare il salvabile rendendo gestibile la partita. Faticando come altri ad avvicinare giovani alla politica, ha pescato molte volte tra candidati forse sbiaditi il cui pensiero è ancorato alle logiche dell’apparato comunista e inviso al cambiamento reale.
Neppure intestare indebitamente al partito il presidio e custodia dei diritti umani e civili l’ha protetto da una sconfitta impegnativa.
Un partito progressista dovrebbe avere l’agilità politica di aggregare giovani illuminati mentre accasa solo quelli impregnati di un vecchio e obsoleto linguaggio ideologico, quando li senti parlare pensi di ascoltare attivisti nelle sezioni del partito degli anni’70. Un vero spreco. Anche in questo caso, squadra che perde si cambia.
Conte grazie al Sud vince, e la mano di Rocco Casalino plasma quel che resta dei 5 Stelle convinti, in un partito a unica Leadership, Grillo tace e si accomoda dietro le quinte.
Conte vince perché il Sud ancora una volta accetta la tradizione del pacco, quella a cui abituò Achille Lauro non il cantante. Tra gli anni ’50 e ’70 l’armatore distribuì pacchi di pasta, una sola scarpa e banconote tagliate a metà per ottenere voti, con la promessa di regalare l’altra metà a elezione avvenuta.
Il reddito di cittadinanza e aver gestito pandemia e crisi con provvedimenti economici mirati alle fasce deboli ha dato i suoi frutti.
Resta l’ultima nota per il Terzo Polo di Calenda e Renzi, non hanno sfondato ma hanno fatto un buon lavoro, soprattutto sui giovani contribuendo a mettere Letta e la sua gestione alla berlina dei risultati.
Ora, saranno le scelte economiche a dare autorevolezza al probabile Governo di Giorgia Meloni, la prova più dura assieme alla scelta dei suoi ministri.
Che il Dio che tanto invoca per l’amor di Patria le tenga una mano sulla testa per le future nomine, perché a noi spaventa che Daniela Santanchè abba vinto con il 52% contro Carlo Cottarelli, ricordo chiamato da Mattarella come possibile Primo Ministro, fermo nei risultati al solo 27%.
Solo protesta anche questo? Ho dei seri dubbi, qui a mia opinione ha prevalso l’incoscienza.
Grande Bruno 👏👏👏