Diciamolo francamente, iniziamo a provare una certa antipatia e irritazione mediatica per il Presidente Zelensky, da non confondere con la solidarietà e comprensione umana per il dramma.
Se percepiamo questa sensazione ogni volta che lo vediamo apparire in tv, nei social o nei telegiornali collegato con i vari Parlamenti internazionali, forse dovremmo chiederci quanto abbiamo compreso della comunicazione social e se davvero siamo riusciti a conoscerne il linguaggio propositivo, il metodo.
Li abbiamo accettati come e quando i grandi cambiamenti sconvolgono semplicemente epoche e decenni?
Perché trovarci dentro scenari di strade, piazze, case devastate, sperando che il fotogramma dei cadaveri trucidati sia veloce per non restare suggestionati e destabilizzati e poi vedere che il Presidente di uno Stato sovrano, invaso, aggredito senza pietà, usi una comunicazione social per parlare di guerra, a volte con una tecnica riscontrabile nel classico marketing imbonitore, lascia molto perplessi.
Si fatica a comprendere come si possa pensare di poter presenziare e dedicare continuamente tempo a costruire video comunicati, avete notato? Ce n’è uno sempre pronto ad ogni occasione, quasi simultaneo ad ogni attacco o comunicato del nemico, un tempismo davvero giornalistico televisivo.
Quando ho visto il video del 9 maggio, girato all’alba nelle strade deserte di Kiev, in contrapposizione al discorso di Putin ho sentito la necessità di capire quanto fossi lontano da questo nuovo modo di comunicare.
Non me ne faccio una colpa, l’età matura avanza e sono riluttante a metamorfosi di cui non abbia convinzione. Ho avuto una formazione professionale ed istituzionale alla scuola Andreottiana, provengo dal senso della politica al servizio delle persone assorbito dagli insegnamenti di Simon Veil negli anni di Strasburgo.
Non riuscirei a comprendere un linguaggio intriso di vittimismo, degno del miglior film che narri di buoni e cattivi ma neppure una tracotanza al limite della realtà in atto.
Nel mio immaginario, suppongo che il Presidente possa essere troppo preso da questioni ben più importanti che fare video e collegamenti, debba ascoltare il Ministro della Difesa con il report della situazione, pensare a come far sopravvivere i rimasti nelle città e quelli che stanno rientrando. Ma anche, affrontare la questione sanitaria, economica ed altro.
In tutto questo troverei logico affidare ad un portavoce il pensiero del Presidente, lasciando a poche ed importanti occasioni la presenza personale.
Il filo diretto universale attraverso i social è più appropriato durante le campagne elettorali per un politico e meno opportuno se così ossessivo in tempo di guerra, in cui migliaia di civili e militari, vengono catturati, torturati e uccisi. Il dramma ha i suoi colori, toni e linguaggi.
Tra le molte, Zelensky ha detto:” Ciò che è molto importante per me è che quando non sarò più Presidente dell’Ucraina potrò ancora camminare a testa alta per le strade non solo di Kiev ma di tutta l’Ucraina”, ecco, sarà il Popolo Ucraino e gli storici a dare liceità a quest’affermazione, una volta esaminato il tempo dedicato a comunicare come una star rispetto a quello per cercare la pace evitando un martirio.
Ho paura di sbagliare, ma so di non essere il solo.