Mentre in molti altri Paesi le Istituzioni lavorano per rendere trasparente l’attività e le personalità di rappresentanza, nel nostro Paese i Senatori della Repubblica continuano ad essere reticenti su questa attitudine.
Il nuovo codice di comportamento presentato dal Consiglio di Presidenza del Senato avrebbe dovuto porre dei limiti al valore dei regali ricevuti dai Senatori, precisamente non superiore a 250 euro, l’equivalente di una cena per due (il pensiero va subito a quale tipo di ristorante frequentino i signori).
Ho scritto avrebbe perché secondo il quotidiano La Repubblica, il testo approvato non prevede invece nessun tetto come pure niente norme ad hoc sul conflitto d’interessi e nessun accenno al registro per i lobbisti, chiesto dall’organo di controllo anti-corruzione del Consiglio d’Europa.
Il quotidiano Il Giornale è di tutt’altro parere e invece titola “Vietati doni costosi ai senatori: gogna per chi supera 250 euro. Stretta su mail e lobbisti”.
Se anche la stampa si mette a far confusione su temi così delicati faremo fatica a trarne delle deduzioni corrette.
Certo mi fa sorridere pensare che una regola possa fermare una consuetudine che procede da anni e non conosce colore ideologico.
Quando frequentavo i Palazzi da vicino, i regali in ambedue i casi, sia che il politico li ricevesse o li donasse, avvenivano col buio della sera inoltrata, o in isolati parcheggi della capitale con frettolosi scambi e senza convenevoli o con famigliari pronti ad aprire la saracinesca del garage per far entrare il mezzo, scaricarne il bagagliaio e far uscire l’improvvisato trasportatore con il massimo riserbo.
Si trattava in generale di quadri, vasi in cristallo, elettrodomestici o costosi accessori per la casa. I beni di lusso venivano invece consegnati durante cene in ristoranti sicuri e lontano da occhi ed orecchie indiscrete.
Dietro ogni viaggio vacanza natalizio o pasquale c’era sempre un regalo importante, dovuto in segno di riconoscenza per qualche pratica divenuta prioritaria, assunzioni in multinazionali o vincitori di concorsi pubblici, (la legge chiama questi scambi amichevoli corruzione) ma così funzionava e dubito qualcosa sia cambiato anzi, ora i controlli sono più rigidi, come pure la presenza di telecamere e cellulari destabilizza, per questo il prezzo del reato sale.
Finirà che si incassa due volte, un modesto regalo per duecentocinquanta euro per non destare sospetti e l’altro importante verrà mantenuto.
In quanto alle lobbies basta frequentare le segreterie politiche e il Transatlantico di Montecitorio per incontrare ogni giorno lobbisti camuffati da semplici imprenditori, amici o semplici visitatori, li vedi confabulare sospettosi lasciando qualche busta di documenti e poi sparire.
Più volte si è tentato di regolamentare come in altri Paesi questa attività ma senza successo.
In Italia, “cambiamento” è solo semplice marketing elettorale e nell’attesa vedremo chi ha ragione, La Repubblica o Il Giornale.