Riflettevo sulla speculazione economico informativa in atto a ridosso del conflitto russo-ucraino. Avverto lacune e con esse uno scarso approfondimento che genera a sua volta, confusione, disorientamento. La sensazione che stiamo dando numeri a caso, senza senso.
Provo smarrimento, come quando sei in mezzo ad un fitto bosco e perdi la bussola, è in atto la stessa speculazione riscontrata durante la pandemia, ma qui ancora più esaltata.
Riflessione: da come scrivono i giornali sembra che qualsiasi cosa venga importata da Russia e Ucraina. E allora sono andato a riprendere dei dati ufficiali da condividere con voi, in questo caso ognuno avrà modo di farsi la propria opinione.
I dati, le fonti, servono sempre a indicare un percorso per elaborare un’analisi e un ragionamento.
Il giorno 25 gennaio (ben prima della guerra) si analizzavano dei dati (fonte: il sole 24 ore, skytg24 economia, camere di commercio italiane) su Ucraina e Russia.
Partiamo dalla Ucraina , in queste settimane leggendo, pare che tutto provenga da lì (gas, petrolio, cereali, ecc.). L’Ucraina è un Paese in via di sviluppo, che si posiziona al 74° posto nell’indice di sviluppo umano. È uno dei Paesi più poveri d’Europa per PIL pro capite, e la corruzione risulta molto diffusa.
Verifica: ma di che numeri parliamo? L’Italia ha importato soprattutto prodotti metallurgici (964 milioni) e, in misura nettamente inferiore, prodotti alimentari (292 milioni) e agricoli (250 milioni).
Il nostro Paese esporta verso Kiev principalmente macchinari e apparecchiature (399 milioni di euro nel 2020), tabacco (152), prodotti chimici (147), abbigliamento (129), prodotti alimentari (125).
Sì, i dati sono in milioni di euro… avete letto bene. E avete letto bene che sono solo un paio di centinaia di milioni di euro di prodotti agricoli.
Ma la Russia invece? Vale solo 1,5% export..
Ma per quanto riguarda l’economia, la Federazione Russa è ben lontana dalle prime posizioni.
Per capirci, se fosse un Paese membro dell’Unione Europea, sarebbe il secondo più povero, solo prima della Bulgaria in termini di Pil pro capite secondo i dati della Banca Mondiale. E con un Paese con una domanda interna così modesta non si possono fare grandi affari.
Se è vero che nei primi undici mesi del 2021 lo scambio commerciale è rimbalzato a quasi venti miliardi, tornando vicino al livello pre-Covid, la Russia rimane solo la 14esima destinazione per le merci italiane. Per fare un confronto con un altro grande Paese, lo scambio commerciale con gli Stati Uniti è sostanzialmente il triplo.
Le esportazioni italiane in Russia non si sono mai riprese dall’invasione della Crimea da parte delle truppe di Mosca, a cui seguirono sanzioni internazionali e limitazioni al commercio.
Quindi importiamo gas e petrolio. Non altro, ma cerchiamo di capire meglio anche in questo caso.
Ci stanno raccontando che noi italiani e tedeschi siamo quelli che importiamo di più e noi italiani stiamo già battendo cassa in Europa (giustamente). Ma leggiamo allora i dati ufficiali della Comunità Europea.
Quali Paesi importano di più?
I Paesi che importano di più il greggio russo sono la Germania (28,1 Mt), la Polonia (17,9), l’Olanda (13,1), la Finlandia (9) e il Belgio (8,2). L’Italia è all’ottavo posto nell’Ue con 5,6 Mt di greggio che arriva dalla Russia.
Quali Paesi sono più dipendenti?
Il dato europeo della dipendenza dal greggio russo non è omogeneo nel continente. Al vertice di questa classifica si trova la Slovacchia, che raggiunge il 78,4%. Seguono Polonia, Finlandia e Lituania dove la percentuale è di poco superiore al 66% del petrolio importato.
A anche qui ci siamo dimenticati uno studio rilevante uscito all’inizio del 2022.
L’Economist, nei primi giorni dell’anno ha provato a raccogliere dati e analisi per cercare di capire cosa accadrebbe se la Russia decidesse davvero di interrompere le sue forniture di gas per i prossimi tre mesi (con l’arrivo della primavera, la necessità di gas per scaldare gli edifici si riduce, e il suo valore come arma di ricatto si annulla).
Il risultato è che, benché l’interruzione sarebbe un colpo duro sia per l’economia russa sia per quella europea, non sarebbe catastrofico per nessuna delle due.
Per Gazprom, la società di stato russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale, interrompere le vendite di gas all’Europa significherebbe perdere tra i 203 e i 228 milioni di dollari al giorno: in tre mesi, le perdite ammonterebbero a 20 miliardi. È una somma enorme, però abbastanza facile da ripianare per la Russia, la cui Banca Centrale ha riserve per 600 miliardi di dollari.
Per Gazprom, tuttavia, interrompere le forniture costituirebbe anche un gravissimo problema di reputazione: anche a crisi terminata, diventerebbe molto più difficile stipulare nuovi contratti non soltanto con i Paesi Europei, ma anche con altri importanti Paesi come la Cina, i quali, potrebbero voler evitare di fare affari con un partner inaffidabile.
Inoltre, grandi e importanti progetti infrastrutturali, come il gasdotto Nord Stream 2, potrebbero considerarsi cancellati se davvero la Russia decidesse di colpire l’Europa tagliando il gas: il business di Gazprom in Europa e non solo sarebbe compromesso, forse definitivamente.
Per l’Europa, invece, l’interruzione delle forniture di gas russo non significherebbe trovarsi senza elettricità e riscaldamento da domani.
Tutti i Paesi, anche l’Italia, hanno significative scorte di gas, che si sono ridotte negli ultimi tempi ma che potrebbero comunque consentire di sopperire alle mancate importazioni russe per qualche mese (tra i quattro e i sei, a seconda delle stime e a seconda della rigidità dell’inverno).
Inoltre, l’Europa potrebbe attivarsi piuttosto rapidamente per cercare forniture alternative. Una delle più probabili è il cosiddetto GNL, cioè lo stesso prodotto compresso, raffreddato e reso liquido, che può essere trasportato via nave e non ha bisogno dei gasdotti.
L’Europa ha un’ampia capacità largamente inutilizzata di rigassificatori (gli impianti che servono a riportare il GNL allo stato gassoso per essere utilizzato come fonte energetica) che consentirebbero di ridurre in parte gli effetti del taglio delle forniture russe.
Questi sono i numeri, quando il Ministro per la transizione ecologica dice che vi è una speculazione ha perfettamente ragione.
Eppure, cosa stiamo facendo per contrastarla? Nulla. Ah! sì dimenticavo le piazze erano piene per protestare contro l’obbligo di greenpass e vaccini…ma quella è un’altra storia, qui si tratta solo di pagare denaro per aumenti voluti da delinquenti legalizzati.
Questi sono i numeri ufficiali, lascio ad ognuno la volontà di farsi un’opinione a riguardo.