Facebook compie diciassette anni, sta invecchiando, non tanto tra i network più frequentati ma per l’età anagrafica dei suoi utenti.
Gran parte dei visualizzatori e frequentatori hanno un’età che oscilla tra i cinquanta e gli ottant’anni.
La maggior parte dei giovani negli ultimi anni è migrata in altri ambienti, fuggendo dai banali e ripetitivi post lasciati da genitori, zii e nonni, molte volte copia e incolla delle già avvilenti chat di whatsapp in cui si mandano il buongiorno e la buonanotte o la foto spritz, selfie tramonto o cane o gatto di turno.
Si tratta realisticamente di variegati viaggi nella memoria, in grado di rendere nuovamente suggestive emozioni vissute durante gite, partite, concerti o cene giovanili, classi liceali o universitarie comprese.
Ecco, Facebook è la stanza della memoria, quanto il confessionale del Grande Fratello raccoglie le suggestioni interiori del momento, della giornata di ogni partecipante al reality.
Certi giorni visitando le bacheche puoi trovarti ad anniversari, matrimoni, feste di laurea, battesimi, cresime e perché no anche funerali, sì siamo arrivati a vedere foto di bare pronte per la sepolture, così, in maniera disinvolta.
Si è perso il senso della sobrietà che dovrebbe circoscrivere il privato di una comunità famigliare, abbiamo preso un abbaglio e Facebook è stato un maestro nel farci credere che potessimo veramente essere tutti una grande famiglia, vicina e ammirevole anche nel momento del bisogno.
Credendoci, siamo arrivati ad abbassare le difese della privacy, rendendo pubblico e sottoponendo al giudizio di chiunque anche quello che meriterebbe un dignitoso silenzio, condiviso solo con pochi, veri e utili amici e famigliari.
Ci illudiamo di sentirci meno soli perché siamo pieni di amici virtuali, di cui veri ben pochi. Ci deprimiamo in pochi istanti se un post non riceve i like sperati, i boomers hanno assorbito le patologie dei millenials e generazione z, ritrovano la speranza di sentirsi apprezzati, accettabili se non protagonisti sulla scena per qualche ora, accantonando il grigiore di giornate sempre uguali, piene di problemi e incomprensioni.
Questo umore ha impregnato l’ambiente come il fumo nelle osterie degli anni ’60, per questo i giovani preferiscono i racconti di immagini in Instagram o le ironiche, stupide, a volte perfino geniali storie di Tik Tok al grigio di Facebook.
Non tollerano di essere controllati o di vedere commenti di genitori e parenti ai loro post, non lo avremmo gradito neppure noi alla loro età.
Nel festeggiare il compleanno Mister Zuckemberg se ne faccia una ragione, tra tutte le cose, non aveva ipotizzato che gli allora giovani presto sarebbero invecchiati, contaminando la casa virtualmente frequentata.