Sono stati sei lunghi anni in cui una rabbia non travestita da vendetta ma da concime per una giustizia vera, ha lavorato giorno dopo giorno, mesi ed anni per un finale italiano mai dato per scontato.
Nel drammatico caso “Marco Vannini” ha vinto l’Italia, quella della giustizia non corrotta, ideologica o di parte.
L’Italia delle persone per bene, quelle che hanno ancora il coraggio, perché di questo si tratta, della solidarietà umana.
La quinta sezione penale della Cassazione ha definitivamente confermato la Famiglia Ciontoli colpevole di aver concorso all’omicidio del giovane Marco allora 21enne.
Oggi sarebbe ancora in vita se quella notte Antonio Ciontoli ex maresciallo della Marina in forza ai servizi segreti, avesse pensato a salvargli la vita anziché pensare a salvare la sua reputazione.
Vero o no, tutta la famiglia compresa la figlia, allora fidanzata con Vannini, ha accettato in silenzio di essere complice d’omicidio per mancata assistenza.
Da ieri per quattordici anni Ciontoli sarà in cella e con lui per nove anni moglie e figli.
Se non fosse stato per la sana ostinazione e irremovibilità di raggiungere una giustizia da parte di Valerio e Marina i genitori del ragazzo, questo caso si sarebbe concluso un anno fa con una miserabile pena all’ex militare e un nulla di fatto per i famigliari.
Soffocando dolore e lacrime, i genitori hanno passato ore ed ore con la stampa, radio e tv portando alla ribalta nazionale un caso controverso con tutti gli elementi del classico insabbiamento giudiziario.
Quel dolore però gridava giustizia da ogni sguardo o parola ed ogni italiano ha finito per sentire Marco Vannini uno di famiglia, uno che non meritava di morire in maniera infame.
Da quel giorno milioni di persone in ogni città d’Italia, da nord a sud, hanno teso una mano e il cuore a Marina e Valerio, hanno gridato a voce alta con ogni mezzo, affinché lo Stato impedisse un’ingiustizia davvero impossibile da digerire.
La Giustizia ha vinto e noi con lei. Questo caso risveglia le coscienze dal letargo dell’indifferenza sociale, dimostrando quanto la volontà di perseguire fini costruttivi possa contare per la ricostruzione di un Paese in letargo.
C’è sempre qualcosa che ci ferma dall’uscire da casa per dedicare tempo agli altri, al nostro Paese, al senso civico che dovrebbe accompagnarci da cittadini.
Le scuse abbondano. Perché questa volta l’abbiamo fatto?
Forse avevamo bisogno di tornare a credere nella nostra capacità di contribuire a scuotere le coscienze delle Istituzioni, in questo Paese sempre più sporche.