A volte, è difficile nuotare controcorrente nell’informazione, soprattutto quando essa scalda l’opinione pubblica affrancandosi sugli aspetti più emozionali o drammatici della notizia.
Faccio riferimento al caso di Benno Neumair, il trentenne di Bolzano che il 4 gennaio scorso ha prima ucciso i genitori e poi gettato i corpi nel fiume Adige, compiendo una serie di depistaggi.
Oggi in carcere, posto dove il processo probabilmente lo relegherà per tantissimi altri anni.
Resta il punto più importante, comprendere fino a che punto in quel tragico momento il ragazzo era capace di intendere e volere e quanto quell’atto nefasto era invece frutto di una premeditazione.
Premesso che giudico terrificante quanto accaduto e non assolvo Benno, qui voglio arrivare.
Nelle frattaglie di micro interviste trasmesse, appaiono persone vicine al padre, (il cui corpo ad oggi ancora introvabile), che affermano quanto sin da piccolo lo stesso avesse tracciato la possibile vita futura del figlio.
Come tanti, avrebbe voluto una professione di livello, comportamenti consoni ad una società borghese benestante come quella in cui la famiglia viveva in una Bolzano candida come la neve che ricopre quelle zone d’inverno.
Questo suo volere, col passare degli anni divenne un’ossessione e quando Benno decide di cambiare corso di laurea da matematica a scienze motorie, avendo passione per lo sport, per il padre è una sconfitta morale.
Facile immaginare in queste occasioni, quanto l’orgoglio per la figlia, Madè, medico chirurgo in Germania, durante liti, abbia spinto più volte il padre a ferire l’orgoglio del ragazzo facendolo, dapprima con disapprovazione poi con parole, sentire un fallito.
In circostanze normali, il crescendo di rancore può portare anche un essere normale a gesti sconsiderati ma cosa accade invece ad un soggetto con patologia schizofrenica?
Il giorno dell’omicidio Benno aveva litigato per l’ennesima volta chiudendosi in camera. Il padre non contento, vi era entrato riaccendendo la discussione, paragonando per l’ennesima volta la sua vita a quella della sorella, dandogli del fallito. Come accendere un corto circuito.
Non sono uno psichiatra, ma quando un genitore arriva a chiudersi a chiave in camera la notte per paura, quindi consapevole della malattia del figlio, non pensa alle conseguenze di pressioni psicologiche continue e umilianti?
Tutti provano orrore per questo ragazzo, il carnefice, ma nessuno osa dire una parola avversa contro chi peraltro istruito, può essere in parte corresponsabile di questo orrore.
Sono tante le famiglie invisibili allo Stato che vivono situazioni di grave disagio con malati di questo genere dentro le proprie vite e abitazioni, senza nessun aiuto. Meriterebbe un’azione solidale, una campagna di pubblica sensibilizzazione.
Chiudo citando una frase dal Talmud, sacro testo ebraico:” Chi è pietoso contro i crudeli finisce con l’essere crudele contro i pietosi. Forse oggi lo sono stato”.