Come tanti, sabato sera in casa, ho assistito all’intensa ed emozionante esibizione di Diodato dall’incantevole Arena di Verona, uno dei luoghi più rappresentativi dell’Italia nel mondo.
Quelle vibranti note e la magnifica voce dissolta nel vuoto del tempio della musica, isolato, ma nel contempo collegato attraverso le immagini in tutta Europa, resteranno nella memoria di chi le ha vissute e percepite.
Per non parlare dell’omaggio dell’artista a Domenico Modugno, impagabile.
L’Eurovision Song Contest però, nonostante la struttura dell’evento fosse stata stravolta per l’occasione, ha messo in luce forti elementi sociali di proprietà tipica italiana: integrazione, appartenenza e razza.
Almeno il sessanta per cento degli artisti esibiti per i Paesi partecipanti (quarantuno), quindi in loro rappresentanza, era a predominanza multietnica. Filippini naturalizzati finlandesi; jamaicani divenuti inglesi e cosi via.
E allora penso, non senza poco disagio e amarezza, a quanto sia ancora elevato il nostro concetto conservatore in merito alla razza, nazionalità diversità.
Non serve pensare ai barconi, ai quartieri bunker degli immigrati perché lì gli argomenti sono ovvi ma anche discutibili, mi riferisco a tutti quegli stranieri d’origine che ce l’hanno fatta nel nostro Paese, arrivando ad essere celebri per la loro capacità e personalità…pochi, e non credo solo perché lo siano davvero nella moltitudine che vive in Italia.
Il fatto è, che per noi, un calciatore di colore o straniero, quanto un atleta, un cantante, un artista o altro nel panorama delle professioni, non può arrivare a rappresentare il nostro Paese.
L’oltraggio è sempre dietro l’angolo. Lo abbiamo visto con la vittoria a Sanremo di Mahmood, quasi l’Islam avesse vinto sul cristianesimo!
Lo vediamo tutti i giorni negli spot televisivi, (chi viaggia nel mondo potrà confermarlo),siamo l’unico Paese ad aver pochissimi protagonisti di colore o di etnia differente, mentre primeggiamo nelle showgirl fuori confine lì, non si sa perché, le nostre italiane sono sempre dilettanti e imperfette.
Insomma, l’eccellenza dell’arte, ancora una volta dimostrata dalle immagini trasmesse da Verona, sovrastava nell’etere più che un’appartenenza, una vera e propria identità culturale e purtroppo conservatrice dura a morire.