Una donna nella storia. Harriet Tubman

Donne vittime di violenza, donne da secoli in lotta per diritti e parità, donne emancipate oggetto prediletto di un marketing classista, donne in carriera spietate, aggressive, donne fragili, single, mogli o madri. DONNE. Tra quelle da calendario o da format televisivo ho maggior deferenza per quelle semplici, silenziosamente operose verso ciò che una vita ingiusta e cieca ha imposto loro. Trovo incoraggiante nutrimi di passi della storia, scritti a volte con il sangue della vita. Nel mio vagabondare ho trovato esaltante omaggiare e ricordare Harriet Taubman colei che venne definita ” il Mosè della gente nera “. Lo faccio in un momento storico in cui il problema razziale trova nuovo terreno fertile accanto a populismi eruditi; dove i diritti umani conquistati sono canne al vento vittime di arie autoritarie in Europa e nel Mondo; dove la sperequazione tra ricchi e poveri ha cancellato “i colletti bianchi” rigurgitando fenomeni riprovevoli come le classi sociali.  E’ fastidioso rammentare che solo sul finire del secolo (1991) “l’apartheid” è stato formalmente abolito in uno dei Paesi più classisti del pianeta. Dimentichiamo che uomini e donne come noi sono pronipoti o nipoti di generazioni di schiavi e dalla pelle nera. Avrei potuto richiamarmi al testo “Uomo invisibile” di Ralph Ellison, ma ho preferito queste frasi dell’illuminista David Hume per rendere chiara l’idea, di come fosse considerata un fetta di nostri simili  fino a poco tempo fa, narrazioni che oggi fanno di certo sorridere i più giovani e i dolenti frequentatori di biblioteche o libri.

« Sospetto i Negri e in generale le altre specie umane di essere naturalmente inferiori alla razza bianca. Non vi sono mai state nazioni civilizzate di un altro colore che il colore bianco. Né individuo celebre per le sue azioni o per la sua capacità di riflessione… Non vi sono tra di loro né manifatture, né arti, né scienze. Senza fare menzione delle nostre colonie, vi sono dei Negri schiavi dispersi attraverso l’Europa, non è mai stato scoperto tra di loro il minimo segno di intelligenza. »

Dietro queste disgustose affermazioni, vi sono storie e tragedie umane infinite, profonde ferite narrate e tramandate da padre a figlio per secoli ed anni. Libertà :  chimera inarrivabile se la tua vita é nelle mani di spregevoli uomini e donne. Scomparse le catene,  oggi, la schiavitù è nascosta da sinonimi come sfruttamento delle risorse,  di corpi femminili e maschili in illusoria ricerca di libertà o ancora da  di risorse umane sottopagate e con diritti limitati. Possiamo ancora pensare che qualcuno di loro non nutra un angosciante risentimento verso l’occidente e la cultura dello sfruttamento, ad alcuni ancor oggi tanto cara e remunerativa? La storia è inarrestabile e nel suo cammino lascia sul terreno sangue, dolore e lacrime. Il carnefice prima o poi diviene vittima lasciando che il sentimento di giustizia plachi giustificate vendette. A memoria di ciò voglio ricordare questa “grande donna della storia”, ai più, magari perfetta sconosciuta, lo faccio affinché le sue azioni siano costruttive leve di coraggio, determinazione e partecipazione alla società civile nelle sue rivendicazioni .

” Ne avrei potuto salvare a migliaia se solo avessi potuto convincerli che erano schiavi”.

Nata in schiavitù, Harriet fuggì e di seguito si prodigò in circa tredici missioni, nel corso delle quali riuscì a salvare una settantina di amici e familiari in condizioni di schiavitù avvalendosi della Underground Railroad, una rete di attivisti abolizionisti, itinerari segreti e luoghi sicuri. Più tardi aiutò col reclutamento di uomini per conto dell’abolizionista John Brown, organizzatore della rivolta di Harpers Ferry mentre dopo la guerra militò per il suffragio femminile.

Nata schiava nella Contea di Dorchester nel Maryland, da bambina venne picchiata e frustata da vari padroni. Da giovane, venne colpita alla testa da un pesante oggetto di metallo che un padrone irato aveva scagliato contro un altro schiavo, la ferita che ne derivò le provocò capogiri, dolori e periodi di insonnia che la accompagneranno per tutta la vita. Le si manifestarono anche strane visioni e sogni vividi che, in quanto cristiana devota, interpretò come premonizioni divine.

Nel 1849 Harriet scappò a Filadelfia, ma tornò immediatamente nel Maryland per salvare la sua famiglia. Un gruppo alla volta, fece fuggire i parenti fuori dallo stato, finendo per mettersi alla guida di intere dozzine di schiavi nella loro fuga verso la libertà. Spostandosi di notte in assoluta segretezza, Harriet “non perdette mai un passeggero”. Le sue azioni causarono rabbia tra i padroni che misero una taglia sulla sua testa. Quando nel 1850 venne approvata una legge sugli schiavi fuggiaschi con efficacia su tutto il territorio degli Stati Uniti, Harriet aiutò i fuggitivi a raggiungere il Canada e a far trovare loro un lavoro una volta lì.

Quando scoppiò la Guerra di secessione americana, prestò servizio come cuoca e infermiera presso l’esercito dell’Unione, diventando in seguito parte di un’unità di ricognizione armata e una spia. Fu la prima donna a guidare una spedizione armata, allorquando guidò una spedizione presso il fiume Combahee, nella Carolina del Sud, durante la quale liberò più di cento schiavi. Dopo la guerra andò in pensione, ritirandosi nella casa di famiglia a Auburn, nello stato di New York, dove si prese cura degli anziani genitori. Divenne attiva nel movimento per il suffragio femminile finché non si ammalò e fu ricoverata in un istituto per anziani afroamericani che aveva aiutato a fondare negli anni precedenti. Dopo la morte, avvenuta nel 1913, divenne un’icona del coraggio americano e della libertà.

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