Ricordo tratti dell’infanzia, dove la finestre di casa davano su nastri trasportatori meccanici intenti a spingere balle di fieno ai piani alti del fienile di fronte. Mattinate in cui il muggito delle mucche diveniva assordante quanto il frinire delle cicale nelle notti d’estate, vili assassine di sonni tranquilli. Un’infanzia colorita ma soprattutto plasmata di azioni che davano forma a cose concrete : prodotti, mestieri, valori, sapere, passione. Faccio questa premessa perché nel baccano di Alexander Platz, sono circondato da migliaia di “bauern und landwirte”, contadini e agricoltori. Si celebra la “settimana verde”. Sono circa venticinquemila e centinaia di trattori ipertecnologici invadono questa piazza immensa rendendola ancor più viva. Cosa vogliono questi Peter, Hans, Wilhelm, e tanti altri ? Dicono basta ad una politica agricola industriale, dicono stop a grandi allevamenti di massa; si oppongono alla firma di accordi commerciali transatlantici che di qui a poco, spingeranno sui mercati tedeschi e non solo, prodotti geneticamente modificati. Esigono maggior attenzione monetaria ai piccoli agricoltori a discapito delle multinazionali . E’ parlando con ciascuno di loro che in me emerge la consapevolezza di quanto il termine “globalizzazione” sia stato un pretesto per coprire un più subdolo movimento capitalista che giorno dopo giorno, mese dopo mese ed anno dopo anno ha condotto il potere economico, finanziario e perché no, a volte politico, nelle mani di pochi se consideriamo la proporzione popolazione/ricchezza/potere. Potrebbe trattarsi di semplice nostalgia ma non ho orgasmi di entusiasmo, quando trovo gli stessi centri commerciali in qualunque parte del globo, con la stessa gente annoiata e freneticamente indotta ad acquistare per “avere”. Eppure, viaggiando da circa trent’anni, ho ancora la lucidità di rivedere i piccoli mercati rionali o di paese, i semplici negozi di generi alimentari, le ferramente, i colori dei negozi di giocattoli oppure, riascoltare i consigli del libraio all’angolo o del panettiere che si scusa per la seccatura della “michetta” dovuta al clima ventoso della giornata… Forse tutti avevano meno ma, dedicavano passione al loro operato, cercavano di creare benessere a se stessi e alla loro famiglia, con un occhio di riguardo anche ai bisogni collettivi del proprio piccolo paese o cittadina. Mentre tutto ciò accadeva serenamente, chi sedeva nei “palazzi della politica o della finanza” s’ingegnava invece in qualcosa che avrebbe invertito la rotta sociale. Pur consapevoli che il tessuto economico del Paese, trascorsi gli effetti della rivoluzione industriale, andava trasformandosi da agricolo a industriale, cioè una stratificazione, maggiormente concentrata al nord del Paese di piccole e medie imprese e soprattutto di artigiani, i vari governi e banche, chi più chi meno, iniziarono a devolvere o se volete, dirottare politiche economiche ovvero fiumi di denaro, alle grandi industrie che, a quel tempo erano prevalentemente proprietà di importanti famiglie e dinastie. Se escludiamo la legge del buon “Sabatini” che interveniva con finanziamento agevolato sull’acquisto di macchinari o di qualche gettito a fondo perduto destinato ad aziende ubicate nel centro sud in aree svantaggiate, le piccole e medie imprese e quelle artigianali hanno vissuto di briciole. Di contro le grandi industrie, dapprima hanno ricevuto cospicui doni monetari, che doverosamente impiegavano all’estero, e poi la valenza ad intervenire direttamente nell’agenda politica e finanziaria del Paese, dettando direttamente le azioni di sviluppo se non quando addirittura partecipando alle prime società miste tra pubblico e privato. Il cerchio, una volta creato, fu fortificato legislatura dopo legislatura riducendo il patrimonio imprenditoriale a semplice bacino di prelievo forzoso attraverso tasse e balzelli vari. Con gli anni, arrivò l’Unione Europea con le sue regole monetarie e di produzione regolamentata : certificazioni , sicurezza dei luoghi di lavoro e dei dipendenti, ratifiche di trattati di interscambio ecc.ecc. Peccato che queste regolamentazioni gravassero come macigni in termini economici sulle nostre piccole e medie imprese che, imprigionate dai vincoli, divenivano anno dopo anno meno competitive rispetto ai produttori di altri Paesi, soprattutto di quelli appena entrati nell’Unione Europea e foraggiati da sussidi discriminanti. Impoverendo le PMI e cancellando le realtà artigianali locali, abbiamo virtualmente globalizzato il Paese, in realtà abbiamo solo messo nelle mani di pochi ricchezza e il potere di decidere. Il potere forte dell’euro ha indebolito l’esportazione e impoverito i nostri produttori a scapito delle multinazionali che producono in Paesi globalizzati ed illusi dalla speranza di diventare Paesi da “G7- G16- G20” o altre cazzate politico istituzionali a riguardo. Ecco perché sto con i contadini e gli agricoltori tedeschi, come con quelli italiani, greci o spagnoli… con una convinzione, loro hanno molto ma non sono tanti, noi siamo in molti pur avendo poco; se decidessimo di rimettere qualcosa a posto potremmo farlo, perché alla fine, come diceva Thoreau nella sua disobbedienza civile, se milioni di persone manifestano, scendono in piazza, non mollano, tengono duro, da quei palazzi prima o poi escono … certo, penso all’altra faccia della medaglia… violenza, persecuzione, carcere…ma diciamolo chiaro vi sembra l’Italia così come messa capace di diventare zimbella del mondo ?
Come molte altre cose, nulla è negativo o positivo, ma l’uso che ne facciamo. Ben venga la globalizzazione se è possibile attuare l’idea di una cittadinanza globale. Mal venga il predominio economico e l’idea che ognuno di noi altro non è una banconota, sfruttabile per loschi interessi, svilendo la dignità umana. La nostra forza sta nell’unione, perché una voce poco risuona, ma tante iniziano a rimbombare. Un saluto Bruno 🙂
Ciao Andrea !!! Concordo col tuo pensiero, il timore che la parte negativa si sia lasciata prendere la mano, soprattutto quella di chi occupa posti di potere politico o nella finanza mondiale. Forse, anche l’assenza di grandi esempi non riaccende speranze, non incita ad un risveglio delle coscienze e quindi il galleggiamento la fa da padrone. Grazie del tuo intervento. Ti auguro buona giornata e spero abbia smesso di piovere da quelle parti, noi oramai usiamo zattere brianzole 🙂 Un salutone Andrea 🙂
Come molte altre cose, nulla è negativo o positivo, ma l’uso che ne facciamo. Ben venga la globalizzazione se è possibile attuare l’idea di una cittadinanza globale. Mal venga il predominio economico e l’idea che ognuno di noi altro non è una banconota, sfruttabile per loschi interessi, svilendo la dignità umana. La nostra forza sta nell’unione, perché una voce poco risuona, ma tante iniziano a rimbombare. Un saluto Bruno 🙂
Ciao Andrea !!! Concordo col tuo pensiero, il timore che la parte negativa si sia lasciata prendere la mano, soprattutto quella di chi occupa posti di potere politico o nella finanza mondiale. Forse, anche l’assenza di grandi esempi non riaccende speranze, non incita ad un risveglio delle coscienze e quindi il galleggiamento la fa da padrone. Grazie del tuo intervento. Ti auguro buona giornata e spero abbia smesso di piovere da quelle parti, noi oramai usiamo zattere brianzole 🙂 Un salutone Andrea 🙂