Non sempre quando si infierisce su qualcuno, ad esempio quando ci è caro, vi è empietà nelle nostre azioni. Il riferimento è al mio Paese, l’Italia. In queste settimane di altrui vacanza, ho avuto modo di spostarmi in qualche città : Milano, Verona, Venezia, Sirmione per fare qualche esempio. Città mezze vuote di residenti ma pullulanti di turisti : tedeschi, americani, francesi , spagnoli ma soprattutto russi e di provenienza dei Paesi dell’Est Europa. Ho utilizzato quelle giornate per staccare dal lavoro e ciò mi ha reso particolarmente sereno e attento osservatore, cosa che di solito capita quando mi trovo in città straniere. La riflessione che ne è scaturita è che non siamo più un Paese “simpatico”, quel Paese tanto sponsorizzato nei film del dopoguerra e della “Dolce Vita” felliniana . Quegli italiani che invogliavano gli stranieri a visitare le meraviglie della loro terra e la straordinaria qualità della loro cucina, ma anche sorprendevano per buon umore, entusiasmo e ottimismo. I nostri luoghi di villeggiatura e le nostre città d’arte trasmettevano questi valori, e quando la bella stagione finiva era la nostra musica a non cancellare tracce indelebili di vacanze indimenticabili all’insegna della simpatia e divertimento. Accanto a stereotipi mai più estirpati, quali mafia ed eccesso di astuzia, c’era però il nostro biglietto da visita “Italiani Brava Gente”. Giuseppe De Santis nel 1965 diede un’immagine storica attraverso il film, ma quello che reputo il vero significato di quell’identificazione per il mondo intero, credo sia l’allegria, la cordialità con quale ristoratori, commercianti, albergatori, tassinari, camerieri, giornalai e categorie affini accoglievano i turisti, economia di un Paese che stava riscattandosi dalle ferite di una guerra e di una dittatura infame. L’aspetto essenziale era far sentire queste persone a casa loro, coccolarle, assecondarle, e soddisfarle nelle richieste più impensate quando sedevano scrutando dubbiose il menù o quando entravano in un negozio per acquistare souvenir o prodotti made in Italy. Questa era l’Italia che catturò e rafforzò l’idea di una vacanza nel Bel Paese. Luoghi, dove famiglie potevano permettersi vacanze senza dissanguarsi, dove rientrando in albergo dopo la mezzanotte e chiedendo un panino, ricevevano un sorriso trovando soddisfatte le loro richieste senza rimprovero, diniego alcuno o sovrapprezzo. Perché scrivo questo ? Cosa mi ha portato a rivivere fotogrammi di quel periodo storico ? Molto semplice: la scortesia, la maleducazione e la grave indifferenza verso il popolo dei nostri turisti. Vero, e lo dico per coloro che sporgeranno critiche, vi è anche “brutta gente” ma è anche vero che loro rappresentano un’importantissima risorsa per il Paese in questo momento, quantunque anche italiani, perchè ciò che ho tristemente constatato è, che anche gli stessi italiani vengono trattati nella medesima maniera. Sarò buono e dirò che non tutti gli italiani che operano nel turismo, trasporti, commercio, uffici pubblici…( forse stanno divenendo molti 🙂 )accusano tali comportamenti ma il settanta per cento di loro oggi sono “maleducati e indifferenti, questo sicuramente sì. Hanno convenuto che le persone, ospiti o acquirenti, siano solamente numeri, mezzi da cui trarre profitto e se possibile con il minimo sforzo. Nel dire tutto ciò, non faccio riferimento ai casi apparsi sui quotidiani negli ultimi giorni, in merito al “caro scontrino”, poiché reputo che persone maggiorenni abbiano la facoltà di scegliere il luogo ove bevono o pranzano e pure quella di leggere il listino prezzi. Credo nel libero mercato e non nei prezzi imposti. Confido nella ragionevolezza ma soprattutto nella consapevolezza degli avventori. Non vi è differenza che ad avere tali comportamenti siano dipendenti o proprietari, l’azione non cambia. Ho visto entrare in negozi persone e non esser degnate di uno sguardo, di un saluto o semplicemente di un cortese ” posso esserle d’aiuto “? Ho pranzato al tavolo con amici e restarvi 2 ore, senza che un titolare o cameriere abbia chiesto se tutto andasse bene, al di fuori della procedura di ordinazione, tutto ovviamente senza un sorriso o una semplice parola. A domanda, risposta secca. Conto, soldi, grazie. L’arrivederci è extra. In un centro ottico ho visto una commessa giovanissima alzare il tono della voce con una signora americana, molto più anziana di lei solo perché aveva tolto un eccessivo numero di occhiali dal campionario per indossarli. Giornalai ai quali venivano chieste cortesemente indicazioni, ignorare senza comprensione tali richieste. E potrei continuare di questo passo a scrivere altre righe ma non voglio tediarvi o intristirvi o peggio ancora rendervi nervosi. Quindi, torno alle prime righe di questo post dove parlo di infierire contro qualcuno, ebbene, sparlare dell’Italia in questo momento storico significa sparare sulla croce rossa, per utilizzare un proverbio conosciuto, ma significa anche toccare con mano piaghe comportamentali che abbiamo lasciato per troppo tempo imputridire senza cura. Ne siamo corresponsabili chi più , chi meno ma lo siamo. Oggi la ferita si è trasformata in cancrena e c’è da chiedersi se il malato abbia davvero il desiderio di guarire o farsi curare…perché ciò che ho visto in queste settimane afferma esattamente il contrario. Non c’è la volontà di ammettere le proprie criticità nazional popolari, di rimboccarsi le maniche, di far rispettare le regole ma soprattutto di credere che potremmo ancora essere “Italiani Brava Gente”.
Tra i film italiani del dopoguerra il mio preferito è decisamente questo: https://wwayne.wordpress.com/2014/10/22/poveri-ma-felici/. L’hai visto?