Quello che molti oggi ritengono un frastuono ingombrante, credo sia invece il refrain di una musica che non dovrebbe mai smettere di suonare, fino a quando ogni cittadino avrà pari diritti e dignità sociale.
Da più parti, parlando con le persone, ascolto affermazioni di irritazione verso un tam tam mediatico mirato ad evidenziare all’opinione pubblica la necessità di giungere ad una legiferazione adeguata in materia di diritti civili, tra essi ad esempio il matrimonio o l’unione civile, destinataria la comunità LGBT nazionale, una delle tante minoranze di questo Paese. Ogni volta che se ne parla o discute, per usare un eufemismo, inizia a divenire intollerante questo inutile, a dir loro, frastuono. Si cita addirittura una fantomatica “lobby gay” che mina la struttura culturale e morale nazionale. A fronte di ciò, mi sovviene spontanea una considerazione. Penso alle molte lettere ricevute in questi ultimi due anni, ho letto di ragazzi e ragazze gay e lesbiche, giovanissimi e di piccoli paesi o provincie d’Italia. Lettere ancora intrise di timori, speranze assopite, discriminazioni sociali evidenti, e pregiudizi talvolta generati e cullati proprio da quei nuclei di formazione che sono scuola e famiglia. Lettere di giovani che chiedono con forza interiore alla società in cui crescono, un futuro migliore per i loro sentimenti ed emozioni. Nella maggior parte dei casi però, la stessa è ancora immatura alla pari dignità sociale, ipocritamente si dimostra “open mind” ma appena può usa ogni mezzo per discriminare o ancor peggio deridere, insultare, disprezzare o uccidere. Penso alla loro fragilità e contemporaneamente, scusate la presupponenza, alla mia determinazione, forza interiore e accentuata personalità. Perché questo pensiero ? Molto semplice. Alla bella età di 52 anni, nonostante le caratteristiche sopra descritte, non passano settimane o mesi che sfacciatamente qualcuno, ignorando il mio orientamento sessuale si abbandoni, anche nel corso di incontri di lavoro a frasi del tipo ” non voglio culattoni nella mia azienda”, per citarne una delle tante; o ancor peggio chi invece mi conosce come interlocutore anche nella vita privata, quando la confidenza permette di abbandonare il “politically correct”, mi accusa con determinazione di aver fatto “una scelta “… e di non lamentarmi delle conseguenze, e da qui parte la mia considerazione. Inizio dalla definizione inserita nel vocabolario della lingua italiana : scélta s. f. [der. di scelto, part. pass. di scegliere]. – 1. a. Libero atto di volontà per cui, tra due o più offerte, proposte, possibilità o disponibilità, si manifesta o dichiara di preferirne una (in qualche caso anche più di una), ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre, in base a criteri oggettivi oppure personali di giudizio, talora anche dietro la spinta di impulsi momentanei, che comunque implicano sempre una decisione. Ma nel caso del mio orientamento sessuale, dico a miei ignoranti detrattori, che di fronte ad un virtuale bivio, dove una delle due strade è barricata, la percorribilità di quella aperta non è una scelta ma l’accettazione di un dato di fatto naturale, piaccia o no. Certo, qualcuno potrebbe obiettare, molti hanno provato ad abbattere la barricata e percorrere l’altra strada. Rispondo : provare ad abbattere quella barricata, in moltissimi casi, significa camminare nell’ipocrisia, nella mancanza di rispetto per se stessi e per chi ha la sfortuna di sceglierti come partner o di esserti figlio se cammini nella menzogna ma, soprattutto significa reprimersi, annientarsi come individuo. Quest’ultima azione comporta alla lunga una ripercussione a carattere psicologico generante nella maggior parte dei casi, persone infelici, sempre insoddisfatte di sé e di chi li circonda, siano essi famigliari, amici o colleghi. Si tende a diventare giudici spietati di chiunque come se una punizione divina dovesse cadere a terzi per inibizione alla propria natura. Quindi, in conclusione, io non ho provato ad abbattere quella barricata e neppure a ricercare percorsi tortuosi, ma semplicemente a tempo debito ho compreso che non vi erano alternative per la mia felicità se non quelle di percorrere la strada che la natura mi aveva riservato, ma ribadisco è differente dal contesto di fare una scelta. Quella, semmai, è avvenuta successivamente quando, compreso che quella sarebbe stata la strada percorribile, necessitava individuare il modo in cui percorrerla plasmandola alla propria vita e ad ogni singola quotidianità. Nel caso specifico, le modalità di tragitto erano due : annichilirsi e crearsi un ruolo di vittima sociale, cercando compassione o una giustificazione perenne ad ogni inettitudine professionale, sociale o sentimentale o, estrapolare dalla propria diversità un valore aggiunto che si tramutasse in una forza necessaria a stabilire sempre e con chiunque il principio di rispetto reciproco e pari dignità sociale. E’ stata una scelta tormentata, inutile nasconderlo. Scegliere la prima sarebbe stato più semplice, complice il luogo ove si nasce e il carattere ancora non definito in fase adolescenziale. Nacqui in una cittadina, dove un effemminato che passeggiava per le vie del centro, diveniva oggetto di mascalzonate e derisioni compulsive da parte di etero machi dalla cultura ermeticamente invariabile. In una famiglia dove un padre omofobo non faceva che rimproverarmi per le fragilità esibite, i silenzi, i contradditori nelle scelte di studio e la negazione (per fortuna poi mutata) dalle pratiche sportive. Ero la negazione delle sue aspirazioni e per questo meritavo l’indifferenza o ancor peggio l’umiliazione di farmi sentire fuori luogo, rimarcando l ‘attribuzione di un carattere tipicamente femminile. In un nucleo scolastico, dove alcuni brillanti e spavaldi compagni mi inibivano dalle competizioni, approfittavano dei momenti di cambio negli spogliatoi per sottrarmi le scarpe e pisciarvi dentro o buttarmele sul tetto per poi osservare le mie reazioni; dove professori incrementavano i miei timori e le mie insicurezze, alzando costantemente la voce e sferzandomi di comparazioni spregevoli qualora non portassi a termine esercizi di attività fisica collettivi… Sarebbe stato davvero molto più semplice capite, accettare di essere vittime, abbassare la testa e reprimersi per piacere della morale altrui. Mi chiedo che sarei stato ma soprattutto chi, sarei stato… mentre io mi sarei privato di amare, vivere delle belle e naturali emozioni, vivendo la mia vita represso e infelice loro, avrebbero amato, si sarebbero sposati, avrebbero generato figli e magari pure concesso un gesto di compassione nei miei riguardi parlando tra loro. Non sarò mai tanto grato a me stesso per aver d’un tratto trovato la forza di scegliere il secondo modo di percorrere quella strada prestabilita. L’ho percorsa e la percorro tutt’ora a testa alta, la cultura e la passione per i paesi del mondo e la loro gente è stata il carburante di questa mia scelta. Per non cedere alla tentazione del vittimismo sociale ho abbandonato il mio paese natale, lasciato gli affetti più cari per ricostruirmi una vita ed una nuova personalità in una grande città, dove sei un numero tra tanti ma maggiori sono le possibilità di stare tra quelli come te. Ho imparato a farmi rispettare e farmi stimare per quanto sono e non per quanto rappresento o per ciò che in privato e con persone adulte e consenzienti faccio in tema di sentimenti e di piacere sessuale. Non è stato facile anzi, ma alla fine ci sono riuscito. Ho conosciuto l’amore, la convivenza, l’affetto sincero di amici veri ovunque nel mondo, la stima di colleghi e posso affermare senza dubbio che vivo con il piacere di vivere. Per concludere dico quindi che un adolescente non ha certo, tranne in pochi casi, il carattere, l’esperienza, la personalità per potersi imporre e affrontare un esercito di ignoranti che continuano a farlo sentire un diverso impedendogli di vivere alla luce del sole il proprio orientamento sessuale. E ancor peggio lo privano di quei diritti di cui avvertirà la necessità prima o poi… Allora dico., quel frastuono che molti etero dicono stia irritando moltissimo… non abbia mai fine, anzi quel refrain che fa parte di una canzone intrisa di desiderio di pari dignità umana e sociale, non smetta di esser scritto, cantato e perché no, gridato. Perché il silenzio crea indifferenza e peggio ancora, se stai in silenzio rischi di esser dimenticato! Non smetterò mai di esser dalla parte dei giovani, perché se oggi godo di un poco di libertà, lo devo a coloro che da giovani ebbero un pensiero… per una minoranza sociale del loro Paese, ma anche per me e alla mia natura di omosessuale.